Eric Blair, alias George Orwell, nacque nel 1903 nel Bengala. Figlio di un ufficiale indiano, ama scherzare sulla beffarda condizione sociale che lo contraddistingue: in India è benestante, ma nella madrepatria Inghilterra non sarebbe altro che un misero cittadino di basso ceto. Si accorge sin da piccolo di questa condizione, acquisendo una sorta di spirito sociologico innato, portato a galla dal trasferimento a Londra con la madre, che porterà in lui un senso di disadattamento quasi completo.
Questa opera, completata nel 1950 poco prima di morire, riporta lucidamente diverse peculiarità dell’Orwell scrittore, esiliato, giornalista dell’observer, abile osservatore ed inventore della paura sociale, del timore recondito che, sotto altra forma, fa parte dei giorni nostri.
Le vicende si snodano nell’anno 1984 immaginato dall’autore nel 1950, a Londra, che è la capitale dell’Oceania. Il protagonista, Winston, alter ego dello scrittore, deve sopravvivere ad una serie di ordini imposti dalle leggi non scritte, ma consuetudinarie e quanto mai inviolabili. Tutto è, difatti, formalmente permesso, tranne poche abitudini che sono per noi, lettori moderni, intoccabili, come pensare liberamente ed amare senza fini riproduttivi. Tutto era vagliato e perfettamente controllato dalla Psicopolizia, la quale era in grado financo di controllare la mente delle persone ed, in caso di pericolo, intervenire per alterarle o, peggio ancora, rieducarle con lavaggi del cervello. Il diritto alla difesa era sconosciuto e qualsiasi errore burocratico non era preso in considerazione come possibile, lo stato era tutto ed infallibile.
L’idea del romanzo di cui sopra scaturisce dal timore, allora diffuso, verso il regime sovietico, ma non meno per le dittature che erano state da poco fermate dopo la seconda guerra mondiale. Non casualmente il partito di governo si chiama socing, acronimo di socialismo Inglese e l’ordinamento socialista prevede una miriade di lavori ministeriali o statali, pranzi razionati e sorveglianza completa di ogni gesto, parola o pensiero, che in caso di manifesta avversione al partito avrebbero sortito effetti negativi per l’indagato. Nasce qui il termine “Grande Fratello”, il quale per molti altro non è che un programma televisivo, mentre per Orwell era la sorveglianza serrata e pervasiva tramite videocamere della vita privata di ognuno.
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