Il concordato preventivo nasce con l'articolo 6 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 e si tratta di un istituto mediante il quale lo Stato propone all'imprenditore il pagamento di una determinata quantità di imposte sui futuri guadagni. È sicuramente una nuova nozione di concordato preventivo (fiscale) in quanto tradizionalmente si intendeva una procedura utilizzata dall'imprenditore insolvente per accontentare i creditori senza incorrere nel fallimento. Si tratta di un meccanismo ambizioso nel quale si dovrebbe trovare un accordo fra i diversi interessi opposti: quelli del contribuente di conoscere l'onere tributario sui futuri interessi limitando gli accertamenti; quello dello Stato di preventivare le entrate minimizzando i costi per eventuali controlli e contenziosi. Viene prevista infatti la possibilità di un accordo per i redditi conseguiti nell'anno 2003 e per l'anno 2004 ai soli fini dell'Irpef e dell'Irap per tutti i contribuenti titolari di redditi di impresa o lavoro autonomo in attività dal 31 dicembre 2000, che hanno dichiarato ricavi o compensi inferiori a € 5.164.569 e che non si siano avvalsi di regimi forfettari per gli anni 2001 - 2003.
Base imponibile per concordare i ricavi e redditi risulta essere i ricavi dichiarati nell'anno 2001, che dovranno essere non inferiori a quelli calcolati sulla base degli studi di settori o dei parametri per quello stesso anno, integrando eventuali differenze con il pagamento delle relative imposte senza applicazione di sanzioni e interessi. Tali ricavi e redditi così dichiarati dovranno essere incrementati del 9% e del 7% per ottenere i ricavi e il reddito concordato 2003; del 4,5% e del 3,5% rispetto al 2003 per i ricavi e redditi anno 2004.
I vantaggi fiscali per i contribuenti che aderiscono, entro il 16 marzo 2004 con lettera da presentare all'Agenzia delle Entrate, sono relativi all'applicazione dell'aliquota Irpef ridotta pari al 23% sulla differenza fra il reddito concordato e il reddito dichiarato, la non rilevanza dei maggiori redditi ai fini previdenziali con risparmio quindi dell'imposizione Inps, la quasi completa sterilizzazione dei poteri di accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria, la quale non potrà accertare in base alla cosiddetta prova logica, nonché la sospensione dell'obbligo tributario di emissione dello scontrino e della ricevuta fiscale. Obbligo che permane solo in caso di richiesta specifica da parte del cliente.
È evidente come questo concordato sperimentale, perdendo le caratteristiche iniziali, sia diventato un espediente per scambiare un aumento predeterminato del gettito con la tranquillità fiscale e può suscitare qualche perplessità l'applicazione di aliquote d'imposte più vantaggiose sugli incrementi reddituali ai contribuenti che aderiscono, rispetto a quelli più scettici o che, per motivi personali, non possano o non vogliano aderire. Occorrerà verificare se questa soluzione sia compatibile con gli articoli 3 e 53 della Costituzione.
Come la maggior parte dei condoni fiscali, anche questo presenta un difetto: viene penalizzato il contribuente più rispettoso delle regole, il quale può scegliere di adeguarsi pagando imposte ingiuste o rischiare un accertamento e un contenzioso che potrebbe rilevarsi oneroso, mentre viene "salvato" chi si è comportato in modo meno corretto, sanando, con poco, magagne molto più onerose. Non ci resta quindi che fare due conti e valutare i nostri scheletri nell'armadio o meglio, permettetemi, nella dichiarazione dei redditi.
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