non sono accompagnate da spiegazioni didascaliche, quelle sono lasciate all'esterno, al primo anello, perché la lettura e quindi la comprensione rimangono "fuori"e se ne servono quelli che potremmo definire i "non-iniziati".Del resto è di mistero che parliamo e questo non va spiegato e nemmeno capito: per gli adepti di questa mostra si tratta di "sentire", percepire, lasciarsi coinvolgere. le spiegazioni non servono in questo antro mistico. Quindi nella parte muta della mostra vediamo le Menadi, le baccanti al seguito di Dionisio, portate a noi immutate nei secoli, scolpite su vasi, altari e colonne, immortalate per sempre nell'atto di danzare; nell'anello esterno la scelta di proiettare immagini della moderna Taranta, un tipico ballo popolare, ci fanno "capire" molto più che mille parole, come se baccanti e tarantolati non fossero poi così distanti. Poi ancora Persefone e Demetra, divinità della fertilità e dei cicli della terra, l'enorme volto di donna dallo sguardo fisso ed enigmatico dell'acrolito Ludovisi, del quale non si conosce l'origine, i busti guizzanti che emergono dagli inferi del santuario laziale di Ariccia, il pinax votivo per il passaggio da Kore in Persefone, le offerte a Dionisio "raccontate" sulle Hydra attiche, la Fanciulla d'Anzio, bella, elegante, perfetta, scolpita nel bianco candido e serico del marmo con il suo vassoio di oggetti, chissà magari magici.
Tutto questo e moltissimo altro è nel nostro antro di silenzio; fuori, tra le spiegazioni troviamo un'altra interessante scelta voluta dai curatori, ovvero quella di trovare spunti di corrispondenza con il presente: così, nell'attuale raccolta nei campi possiamo ritrovare una ritualità presente nella simbologia del grano, i pellegrinaggi verso il santuario laziale di Vallepietra, devono molto alle antiche processioni in onore di Demetra, la trasgressività di alcuni "riti" tra i giovani, ricordano quella presente nei riti di passaggio dell'antichità. Una sorta di legame trasparente ma solido tra noi oggi ed un passato che comunque ci appartiene, come a volerci ricordare che l'animalità, la brutalità e la violenza di certe rappresentazioni rituali e di culti misteriosi in generale, non solo disegnano parte della nostra storia e ne sono parzialmente autori, ma in un senso non troppo relativo, sono un'altra parte di noi, quella che vive grazie al silenzio, quella che non tutti comprendono, quella che ci lega ad un mondo più istintuale, meno "comodo", ma più vero.