Più che una mostra è un'esperienza sensoriale. All'inizio c'è solo il buio. Ad attenderci, più avanti, un labirinto che nella forma ricorda un occhio. Noi seguiamo il nostro, lungo il deambulatorio non illuminato che copre il perimetro della struttura. Perdiamo la percezione, è un percorso iniziatico, è la realizzazione pratica di una delle ricerche più importanti di Alberto Martini: "occhio e dinamica dello sguardo". La struttura stessa della mostra è un'opera d'arte che ci vede protagonisti. Siamo noi a scegliere il nostro itinerario nell'esposizione, entrando in uno dei cinque ingressi e seguendo le nostre sensazioni lungo le strade espositive. Esse raccolgono settanta opere di uno dei protagonisti del surrealismo europeo, quaranta dipinti ad olio e trenta tra litografie, tempere, pastelli, acquarelli e disegni a penna di china, i quali testimoniano l'interesse di Martini per diverse tecniche artistiche. La nostra attenzione è tutta per le tele, ben illuminate da lampade a fibre ottiche che, con un consumo pari a quello di una sola lampada alogena, permettono di godere delle opere nella loro pienezza, senza rovinarle e senza accecarci.
Lo sperimentalismo della luce fa pendants con quello dei quadri. Si passa da dipinti della fase simbolista di Martini, con i pastelli del ciclo grafico "Fantasie del sole", a quelli che rappresentano il passaggio al surrealismo, le litografie "I Misteri", fino a comprendere opere di entrambe le fasi surrealiste dell'autore. Nella prima si vedono gli influssi delle "teorie irrazionali", tra cui la Teosofia, abbracciata da diversi intellettuali e artisti di inizio Novecento, mentre la seconda è legata al racconto allegorico, difficile da interpretare. Le "salette a bolla" che si aprono sui corridoi ospitano alcuni dei più significativi cicli grafici, permettendo di vederli sia separatamente, sia come parte del lavoro di colui che "dipingeva con ragione astratta".
Con la compagnia della musica di Luca Belcastro, scritta appositamente per la mostra, seguiamo il nostro sguardo attraverso i colori e le linee curve di una poetica onirica. I fondali, gli interni, le vedute sono sogni, visioni, come se il "Bosco incantato" dell'omonimo quadro fosse presente in tutti. L'atmosfera è sospesa: anche a noi sembra di vivere in un sogno. Facile anche per i "non esperti" farsi un'idea delle tematiche centrali della pittura martiniana: il corpo femminile, la creazione artistica, la musica, il rapporto testo-immagine, la condizione umana e, su tutti, l'occhio, fulcro di interi dipinti come "Occhi" e "Sguardo umano". Tappe fondamentali del nostro percorso sono due opere importanti: "Autoritratto" (1929) e "Movimento dello sguardo-orbita", donato all'amico pittore André Breton, riconosciute ufficialmente come capolavori.
Arriviamo al centro della struttura. Illuminato da cinque grandi lampade è la "pupilla", il punto vivo da cui possiamo vedere l'intera mostra ed avere la percezione dell'intera opera di un artista originale. Un'emozione forte, quasi violenta. Il coinvolgimento che ha caratterizzato tutta la nostra visita raggiunge qui il suo apice. Uscendo da Palazzo della Ragione ci resta un bagaglio di sensazioni, impresso nello sguardo e nel cuore. Questa mostra è un'ottima occasione per conoscere, a cinquant'anni dalla morte, un autore "isolato", che non si inserì nell'ambiente italiano, per lui ristretto e dal quale non fu riconosciuto come l'artista poliedrico quale è. Osservare come Martini interpreti il Surrealismo, di cui rifiutò l'accorpamento nel gruppo, è molto interessante: da una parte l'assonanza con l'opera dei più grandi surrealisti del tempo, quali Dalì e Mirò, dall'altra la negazione di concetti condivisi da quell'ambiente e la presenza di tematiche personali ed originali. Nei suoi lavori, inoltre, si vedono diversi influssi artistici europei: dalla pittura simbolista, al Romanticismo, fino alle influenze letterarie, in particolare la cultura decadente.
I protagonisti di questo viaggio di ricerca e scoperta siamo noi. La nostra guida è la presenza che accomuna l'intera poetica di Martini. Lo sguardo.