LOCAZIONE IMMOBILI: tempi duri per chi affitta
                                             di Omar Gabbiadini - Consulente Tributario

     Il fisco è diventato severo con chi concede in locazione gli immobili. La Legge finanziaria 2005 ha infatti previsto norme particolarmente rigide nei confronti dei titolari di redditi derivanti da locazione e prende di mira questi contratti con l'obiettivo di contrastare l'evasione fiscale e recuperare gettito dalla registrazione di questi accordi, spesso sottratti alla tassazione, in quanto il contribuente conta sulla scarsa capacità di controllo degli uffici finanziari. Altro gettito dovrebbe arrivare dai redditi garantiti dalle locazioni ai proprietari che, non registrando i contratti, nascondono anche i proventi incassati. Le norme della Finanziaria 2005 hanno l'obiettivo di costruire un argine verso il diffuso malcostume di occultare, in tutto o in parte, la base imponibile discendente dai contratti di locazione, sia ai fini dell'imposta di registro, sia ai fini dell'Irpef. La nuova normativa stabilisce che l'amministrazione finanziaria non può esercitare l'azione di accertamento quando la base imponibile risultante dal contratto di locazione sia superiore a certe soglie. Più precisamente:
     1) per l'imposta di registro, il comma 341 della Finanziaria dispone che non è soggetto ad accertamento il canone di locazione relativo a immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, che risulti dal contratto in misura non inferiore al 10% del valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, della legge di registro. In altri termini, se il valore catastale dell'immobile dato in locazione è di 240mila euro, il canone mensile non è soggetto ad accertamento se l'importo è stabilito in misura almeno pari a duemila euro (infatti, moltiplicando duemila euro al mese per 12 mesi si ottiene il risultato di 24mila euro e cioè un ammontare pari al 10% del valore catastale di 240mila euro).
     2) per le imposte sui redditi, il comma 342 della Finanziaria dispone che non si procede all'accertamento quando i redditi di fabbricati derivanti da locazione sono stati dichiarati in misura non inferiore a un importo corrispondente al maggiore tra il canone di locazione risultante dal contratto (ridotto del 15%) e il 10% del valore dell'immobile. In altri termini, se il valore catastale dell'immobile locato è di 240mila euro, non è soggetto ad accertamento il canone mensile stabilito ad esempio in misura pari a 2.400euro. Infatti, moltiplicando 2.400 euro per dodici mensilità e riducendo il prodotto ottenuto del15%, si ottiene il risultato di (2.400 x 12 - 15%) 24.480 euro e quindi un ammontare superiore al 10% del valore catastale di 240mila euro.
     Anche qui occorre precisare che la normativa in questione non si applica ai contratti di locazione cosiddetti «3+2» (con canone "concordato" tra proprietari e inquilini). Va anche sottolineato che, in caso di mancata registrazione del contratto (e quindi nonostante la sua "nullità"), il comma 342 della Finanziaria introduce la presunzione fiscale (contrastabile peraltro con «documentata prova contraria»), in base alla quale:
•  si presume appunto l'esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d'imposta anteriori a quello nel corso del quale viene accertato il rapporto;
•  ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10% del valore catastale dell'immobile.

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