BERGAMO TRA CEMENTIFICAZIONE ED ETICA AMBIENTALE
                                 di Pierluigi Piromalli
     Da qualche tempo si assiste in Bergamo, e non solo, ad un'eccessiva cementificazione del territorio ed alla conseguente riduzione delle aree verdi, con una inevitabile ed irreversibile alterazione dell'ambiente. In ambito comunale sono state sollevate osservazioni e manifestate preoccupazioni al riguardo, aspetti che sono stati più generalmente ribaditi anche nelle più alte sfere decisionali regionali. Al Politecnico di Milano si è, per esempio, recentemente discusso del problema, che riveste una notevole importanza in quanto investe le zone urbane e le prime periferie cittadine, culminato nell'espressa denuncia di un'espansione edilizia incontrollata ed isterica, che ha lacerato i tessuti sociali e ambientali, deturpando luoghi e valori paesaggistici rilevanti con una inevitabile ricaduta negativa sulla già difficile qualità della vita percepita nelle aree urbane ad alta densità demografica. I contesti metropolitani sono stati sottoposti, da molto tempo, a questa radicale e progressiva trasformazione urbana che ha cancellato il verde sostituendolo con una quasi interminabile e fredda esposizione di prefabbricati, capannoni, insediamenti industriali e commerciali senza soluzione di continuità. Sia la città di Bergamo che l'intera provincia, al pari di altre province limitrofe, rappresentano un lampante esempio di frenesia edilizia tesa a edificare colossi commerciali (è il caso, per esempio, della cittadella di Curno), concentramenti di aree industriali e aree destinate al terziario ed insediamenti di edilizia residenziale. Basta guardarsi intorno per assistere a questa proliferazione selvaggia, alimentata in buona parte da intenti speculativi di mercato, per prendere atto dell'esistenza di dati sicuramente allarmanti, che evidenziano come in particolare la città di Bergamo si sia distinta, negli ultimi anni, per una discutibile politica di edificazione massiccia, sacrificando le poche aree verdi evidentemente ritenute modeste ed inadeguate per costituire un efficace baluardo alle tanto temute emissioni inquinanti. In Bergamo, purtroppo, gli sforzi dell'amministrazione comunale si sono concentrati in altre e non sempre più significative direzioni e la scarsa lungimiranza degli amministratori, coniugata ad una inerzia istituzionalizzata, ha favorito un disinteresse costante e crescente che incide negativamente sulle aspettative della cittadinanza, la quale viene travolta dai sempre più numerosi santuari commerciali come se essi rappresentassero l'estrema e suprema espressione di conquista civile.
     Il problema è sicuramente molto più complesso di quanto si possa pensare e si innesta nella nevrosi collettiva che investe, ormai da tempo, le dinamiche sociali. L'incessante spinta edificatoria pare ingiustificata e forse anche incomprensibile se inserita nell'ambito di un'economia boccheggiante ed in fase di stallo e genera qualche legittima perplessità sull'efficacia e sulla necessità di continuare ad alimentare il già saturo territorio con nuove costruzioni. Realisticamente non si può pensare che aree tradizionalmente e fortemente industrializzate, come la nostra, assomiglino alle lussureggianti colline toscane o ai ridenti declivi umbri e marchigiani, però un maggiore riguardo alla
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