Tra gli esponenti dell'intellighenzia economica di Bergamo, reazioni al limite del depresso: Sestini, presidente della Camera di Commercio, fa la Cassandra e noi temiamo che ci azzecchi. profetizzando un danno economico sul lungo periodo per la comunità orobica. Moltrasio, presidente dell'Unione Industriali, per ora si astiene dal fare commenti; Prometti, segretario Uil, resta scettico sulla decisione della Giunta, mentre Gigi Petteni, segretario Cisl, pur non essendo totalmente deluso dalla vicenda si chiede il perché di tanta fretta. Ce lo chiediamo anche noi: non è la prima volta che Renzo Capra impone un aut-aut di questo genere e, nonostante finora la proposta fosse caduta nel vuoto, il presidente aveva sempre reiterato le proprie richieste. Forse è una tattica imprenditoriale del furbo Capra, forse no; se il Comune di Bergamo avesse chiesto una piccola proroga, un mese per esempio, per valutare tutte le controproposte, Capra avrebbe rilanciato la sua offerta? Non ci sarà mai dato di saperlo, ma è inutile addentrarsi in questioni di lana, è proprio il caso di dirlo, caprina: ormai è stata presa una decisione, che pare tuttavia aver scontentato i più. Effettivamente, gli unici favorevoli alla cessione a Brescia erano gli esponenti della Lista Bruni, più i Diessini, evidentemente allettati da quegli altisonanti 93 milioni di euro; ma, come hanno giustamente fatto notare a più riprese Pagnoncelli e Sestini, questa valutazione è frutto del valore di azioni che domani potrebbero essere carta straccia. Oltretutto, a conti fatti, in una società conta la partecipazione percentuale al direttivo, che nel caso di Bas sarebbe del 5%. Una miseria, insomma, che priverà Bergamo di qualsivoglia capacità decisionale in un ipotetico quadro di multiutilities a livello regionale ed europeo.
Dopo la sortita di Capra, nella bergamasca si erano fatte avanti due aziende, con proposte a nostro parere molto valide: Thuga Italia, filiale del colosso energetico tedesco, e Dalmine Energie, disponibile ad entrare nel "terzo polo" auspicato da Bettoni; opzione, questa, che avrebbe contemplato la fusione di Bas, Thuga, Dalmine Energie e altre aziende. Pur proponendo due soluzioni diverse, totale caratterizzazione bergamasca e maggioranza pubblica per Thuga, maggioranza pubblica a gestione privatistica e come obiettivo la quotazione in Borsa per Dalmine, le due aziende avevano già cominciato a dialogare per un eventuale accordo: ipotesi che ora, chiaramente, è saltata. Bruni tuttavia non ha mai dato troppo peso alle proposte delle due aziende, considerando l'unica concreta e valida quella di Brescia. Per il troppo timore di perdere il "treno Asm", forse Bruni ha agito in modo un tantino avventato; o forse, come ha a suo tempo insinuato la Lega, questa scelta deriverebbe da una volontà di omologazione con l'amministrazione comunale bresciana, rossa come quella di Bruni e, non è un mistero, apertamente additata ad esempio dal nostro primo cittadino.
L'unica certezza, al di là di considerazioni prettamente economiche, è che con le dimissioni di Sanga a Palafrizzoni nulla sarà più come prima: il gesto dell'ormai ex vicesindaco è stato rivelatorio dell'incapacità di Bruni a mantenere unita la maggioranza.
Chissà se ora qualche elettore farà "mea culpa". Al momento, Bruni non vince e soprattutto non ci convince: attendiamo altri banchi di prova, sperando che il sindaco non ci deluda nuovamente.
«Les jeux sont faits, rien ne va plus»: signori della Giunta, fate il vostro gioco.