FINE DELLA CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE DEGLI INTERESSI BANCARI
                                 di Gaetano Marco Parisi

     Il 4 novembre 2004 una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha completato finalmente l'eliminazione della odiosa pratica dell'anatocismo bancario, cioè dell'uso da parte degli istituti di credito di addebitare trimestralmente gli interessi passivi sui conti correnti (trattato nel dicembre scorso in Infobergamo.it da Omar Gabbiadini nella sua rubrica "Famiglie € Aziende" n.d.r.), di modo che questi inizino a loro volta a generare nuovi interessi a scapito del cliente. Per fare un esempio concreto, uno scoperto di Euro 1.000,00 al 10% di interesse annuo (dico 10% per praticità di conteggio, ma di solito è il 13%) dovrebbero portare al pagamento di un interesse passivo di Euro 100,00 a fine anno. Se però utilizziamo la capitalizzazione trimestrale, al cliente verrà addebitato per quattro volte nel corso dell'anno il 2,5% e il suo debito a tre, sei, nove e dodici mesi crescerà così: 1.025,00, 1050,63, 1.076,90, 1.103,82, pari a un interesse annuo effettivo del 10,38%. E se Euro 3,82 ogni mille vi sembrano pochi, provate a moltiplicarli per il numero di conti scoperti, spesso di ben più di mille Euro, e poi per gli anni trascorsi dal 1942 (data di entrata in vigore del codice civile, che NON prevede l'anatocismo bancario) ad oggi!
     Il primo colpo a questo modus operandi fu portato da una storica sentenza del 1999, seguita da una serie di altre in senso conforme, la quale rilevò innanzitutto che la pratica della capitalizzazione trimestrale non era stabilita dal codice civile, né dalle leggi in materia bancaria, circostanza che non costituiva una grande scoperta. La Suprema Corte si spinse però ben oltre, dichiarando infondata quella che da sempre era stata la difesa degli istituti di credito, cioè la pretesa formazione di un uso normativo. Le banche, insomma, sostenevano che si è fatto così da sempre e che un uso costante acquisisce valore di norma giuridica. La sentenza affermò invece correttamente che una consuetudine diviene norma quando chi la segue è convinto che sia giusta. Tale condizione non è però applicabile ai clienti delle banche, che si trovano a firmare un contratto del quale non possono trattare alcuna clausola e che dunque accettano l'anatocismo come una vessazione cui non possono sottrarsi.
     La sentenza 04/11/04 n. 21095 ha fatto l'ultimo passo che mancava, stabilendo la nullità delle clausole anatocistiche con effetto retroattivo: il che significa che gli istituti di credito non solo non possono più capitalizzare trimestralmente gli interessi, ma devono anche restituire le somme illegittimamente addebitate ai clienti negli ultimi dieci anni (i periodi precedenti sono prescritti).
     Vediamo dunque come fare e se conviene. Il primo passo consiste nell'invio di una raccomandata A.R. alla propria banca con la richiesta di rimborso, in modo da interrompere la prescrizione decennale. Poi, dato che difficilmente gli istituti di credito non adempiranno spontaneamente (sono in ballo decine di milioni di Euro), bisognerà passare alla fase giudiziale, che si svolgerà avanti il Giudice di Pace per gli importi inferiori a Euro 2.500,00 e avanti il Tribunale per quelli superiori. Qui entra in gioco il calcolo di convenienza: un giudizio richiede tempo e la necessità di anticipare alcune spese, principalmente quelle legali e quelle per l'espletamento di una consulenza contabile, necessaria al Giudice per la propria decisione. A ciascuno la scelta di procedere o lasciar perdere. Comunque, anche chi non fosse intenzionato ad andare fino in fondo farebbe bene a richiedere il rimborso: una raccomandata non costa molto e non si sa mai.

 
 
 
 
 
   
 
 
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