Il presentatore del programma è Garrison Keillor, conduttore reale di uno show radiofonico che negli Stati Uniti dura da trent'anni con grande successo di pubblico. Un vero e proprio mito nel suo paese, che qui, oltre ad interpretare se stesso, ha scritto anche la sceneggiatura.
Si ritrovano a condividere un pezzo del loro cammino con gli altri protagonisti, le loro vite si incontrano nella gran serata finale, per poi proseguire, non ci è dato sapere come. La scenografia si risolve in una location unica, il teatro, senza che questo provochi noia o stasi: con il suo tocco da maestro Altman ci porta sul palco, dietro le quinte, tra il pubblico, con una catena di piani sequenza e riprese alternate che ci fanno sentire quasi della presenze elette, con la possibilità di aggirarsi indisturbate in questo spazio del ricordo. Il clima intenso del film è certamente più affine al pubblico a stelle e strisce, che si ritrova in quel piccolo spaccato di cultura in diretta radio, ma anche noi lo percepiamo e ne rimaniamo affascinati.
Questa volta l'attenzione non è tenuta viva da effetti speciali costosissimi o da vuote vicende al fulmicotone, come purtroppo spesso avviene, ma dalla poesia, dall'ironia, da quel nonsoché di ispirato che il lungometraggio trasmette. La musica country, in scena dal primo all'ultimo minuto, o quasi, segna il ritmo effervescente del film: altro che marcia funebre, l'addio al coinquilino è nelle note con cui ha accompagnato l'America. È il momento dell'omaggio ad un certo mondo e ad un certo modo di viverlo ma, chiuso il sipario, c'è spazio per qualcun altro. Siamo pur sempre nel tritacarne del contemporaneo.