Pensiamo invece alla normalità di persone che vivono, lavorano, studiano, amano come tutti e che se non dovessero rivelarci che sono omosessuali, non lo sapremmo mai. Quanti sono? Migliaia? Queste persone hanno tutto il diritto di amare e vivere, come ogni essere umano sulla faccia della Terra, con una sola differenza: che sono una minoranza e che lo Stato, laico, non può far finta di non vedere.
     Che si approvino o no, è indubbio che ci vogliano delle regole. Gli strumenti per tutelare il convivente, a mio parere, nella nostra legislazione, ci sono e possono essere applicati, sia che si tratti di omo o eterosessuali. Ovviamente bisogna conoscerli, sapere come attuarli ed essere sufficientemente previdenti. Se si ha paura, per esempio, che in caso di morte del compagno, l'altro venga sfrattato o non possa abitare nella casa di lui basta rivolgersi per tempo ad un notaio, ma se mia moglie dovesse, ahimé, rimanere vedova non avrebbe bisogno di rivolgersi prima ad un notaio per potersi assicurare il diritto di abitare nella casa che oggi è mia. Allora perché lo stesso non può valere per il convivente?
     In verità, è proprio il diritto di famiglia che andrebbe rivisto e portato al passo con i tempi, in quanto i diritti che si stanno per riconoscere oggi alle coppie di fatto attraverso i Pacs, grazie alla strumentalizzazione delle coppie omosessuali, in realtà avrebbero dovuto già essere riconosciuti vent'anni fa. È questo il punto. Se così fosse stato, oggi non saremmo qui a discutere. La Chiesa è giusto che sia coerente con se stessa ma lo Stato deve aggiornarsi e tutelare i suoi cittadini, tutti. Una coppia non dovrebbe essere obbligata a sposarsi per godere di alcuni diritti fondamentali e, se lo è, come oggi, ha ragione chi ritiene il matrimonio solo un contratto di opportunità. Dovrebbe essere così? Non credo, tuteliamo la libertà di ognuno: io sono cattolico, mi sposo in Chiesa; non lo sono ma mi voglio sposare, mi sposo in comune; non mi interessa firmare un foglio di carta che attesti che io e la mia donna stiamo insieme, faccio nulla, ma non per questo è giusto che la persona che mi ha accompagnato per una vita non possa decidere per me sull'espianto dei miei organi, sulla cura da fare o non fare o che non possa continuare ad abitare nella mia casa perché il fratello che non vedo da quindici anni e con cui non sono mai andato d'accordo rivendica chissà quale diritto. Il discorso è contorto, me ne rendo conto, ma le mie sono considerazioni pratiche.
     Certo, a questo punto, se equiparo le coppie di fatto alla famiglia, e se nelle coppie di fatto includo anche quelle omosessuali, perché non far loro adottare figli? Su questo punto, non so proprio come argomentare.

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