LIBERE CONSIDERAZIONI SULLA
52ESIMA BIENNALE INTERNAZIONALE D’ARTE DI VENEZIA
di Cristiano Calori
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La Biennale di Venezia è da oltre un secolo una delle istituzioni culturali più prestigiose al mondo. La prima edizione fu nel 1895 e da allora è all'avanguardia nella promozione delle nuove tendenze artistiche nel mondo, organizzando manifestazioni internazionali nelle arti contemporanee, secondo un modello pluridisciplinare. Si colloca ai vertici mondiali sia per la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica (62 edizioni), sia per l'Esposizione Internazionale d'Arte (51 edizioni) quanto per la Mostra Internazionale di Architettura (9 edizioni).
Curata dall’americano Robert Storr, l’edizione di quest’anno relativa alle arti visive, dal titolo “Pensa coi sensi - Senti con la mente. L’arte del presente”, si è distinta per la massiccia presenza di numerosi Paesi (77) e per il ritorno del Padiglione Italia ai Giardini e l’esordio del Padiglione Italiano, curato da Ida Granelli, all’Arsenale, con il grande lavoro di Giuseppe Penone, maestro dell’arte povera, poetico e bellissimo, anche se non proprio una novità, e la video installazione di Francesco Vezzoli “Democracy”, più conforme al comune sentire degli artisti contemporanei. Anche in questa edizione, fotografia, video ed installazione sono i linguaggi con i quali la maggior parte degli artisti si è espresso e lo spettatore è sempre di più coinvolto nella fruizione dell’opera d’arte, non più quindi spettatore passivo ma attivo a 360°. Tuttavia non facciamoci ingannare: spesso dietro linguaggi nuovi si nascondono discorsi vecchi ed obsoleti e questa edizione della Biennale non fa eccezione in questo senso, anche se non sono mancati novità e spunti intelligenti.
Al di là di tutte le considerazioni, la Biennale rimane dopo più di un secolo di vita un grande laboratorio a cielo aperto di idee, provocazioni, teorie, alcune bellissime altre meno, che consentono di vedere e confrontare quelle che sono le attuali tendenze dell’arte contemporanea e farne scaturire un dibattito. È evidente il grido di disagio lanciato dalla maggior parte degli artisti verso la società occidentale contemporanea: superficiale, guerrafondaia, videocratica, sottomessa al dio denaro o peggio altro. Personalmente ritengo che per primi gli artisti dovrebbero produrre idee pure per salvare il mondo e non solo critiche ad un sistema nel quale ci sguazzano comodamente, in quanto l’intero sistema dell’arte contemporanea è basato sulla speculazione economica; mi limiterò a dire che l’arte in questo momento storico rappresenta e riflette l’intera società, la quale è attraversata da uno spirito neo-savonarolesco e autofustigativo, spesso
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