motivi). Interpretare una sentenza pretendendo di spiegare il fatto con le tre righe di dispositivo, tralasciando le motivazioni, porta a cantonate assurde. Terzo, visto che parliamo di una sentenza penale, non bisogna dimenticare un principio basilare che in questa materia, quando si ha una modifica normativa, è stabilito che all'imputato si applichi la legge più favorevole tra la vecchia e la nuova. È intuitivo che, se gestisco una tabaccheria e oggi entra in vigore una legge che dichiara reato il commercio di sigarette, non posso essere arrestato e condannato per aver venduto tabacchi in questi anni, perché quando l'ho fatto era perfettamente lecito.
Prendiamoci ora la briga di leggerci per intero la "sentenza rivoluzionaria" sul download e condivisione dei file. Imputati erano due studenti del Politecnico di Torino che erano stati condannati per aver, a scopo di lucro, duplicato abusivamente film, videogiochi e cd musicali, immagazzinandoli su un server dal quale potevano essere scaricati da altri utenti, i quali a propria volta conferivano altri programmi. Condannati in primo grado e in appello a tre mesi e dieci giorni di reclusione oltre a 320 euro di multa, i due avevano fatto ricorso in Cassazione, sostenendo la non sussistenza del "fine di lucro". La Suprema Corte ha accolto il ricorso, precisando che per "fine di lucro" deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere al di fuori dello svolgimento di un'attività economica da parte dell'autore del fatto. Il mero risparmio di spesa derivante dell'uso di copie non autorizzate di programmi al posto del loro acquisto, integra infatti un "fine di profitto", che è un concetto più ampio. I due, quindi, sono stati assolti.
Perché dunque io affermo che la condivisione dei file è un reato anche quando non sussiste il fine di lucro? Per il terzo punto della spiegazione sulle sentenze penali. I due studenti (probabilmente non più tali) erano processati per fatti commessi nel 1999. La legge di tutela del diritto d'autore vigente all'epoca prevedeva come elemento del reato il "fine di lucro" mentre quella in vigore oggi ritiene sufficiente il "fine di profitto". Attualmente, dunque, per la punibilità non è più necessario lucrare commerciando file duplicati, ma è sufficiente il più limitato vantaggio economico che deriva dal risparmio nell'utilizzo di copie. Se i due ragazzi avessero fatto oggi ciò che fecero allora, sarebbero stati condannati. Non credete dunque a chi sbandiera con faciloneria la rivoluzione epocale. Il libero scaricamento, lungi dall'avvicinarsi, si allontana ulteriormente.
Per eventuali chiarimenti ed approfondimenti potete scrivere alla redazione oppure contattarmi direttamente tramite la mia e-mail: avv.gmparisi@tin.it
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