gente comune, non certo perché manco di un senso democratico, ma in quanto ritengo che su certe discussioni siano indispensabili nozioni e conoscenze che francamente non vedo tra coloro che affollano le piazze o si accalcano attorno alle migliaia di gazebo bianchi che da 20 anni a questa parte spuntano come funghi in ogni angolo delle città. Per intenderci, è come se si proponesse una giuria popolare per discutere e sancire la vittoria al Festival di Berlino, alla Biennale di Venezia o, per restare in casa, al Festival Internazionale del Cinema d’Arte (ne parliamo questo mese appunto), oppure se si raccogliessero firme per dare premi Pulitzer o premi Nobel, passi per il Telegatto al limite.
     Entrando nello specifico del progetto, trovo che si tratti di un lavoro ben congeniato e nell’insieme molto raffinato, anche se un po’ vistoso nella parte della torre rivestita di legno; bella la parte del collegamento ipogeo tra la torre e il parcheggio, insomma sarà una torre che lascerà il segno senza direttamente intaccare la maestosa bellezza delle mura venete, un po’ come fece la pur discutissima funicolare nel 1887. Personalmente, avrei optato per il progetto dell’architetto portoghese Da Rocha Goncalves Dias, che prevedeva un intervento simile, ma più minimale, con la torre e il percorso ipogeo ricoperti di pietra bianca come le mura.
     Al di la delle normali discussioni che sempre ci sono state e sempre ci saranno, rimane a mio modo di vedere una diffidenza di fondo da parte dei bergamaschi, degli italiani in generale, quando si parla di cambiamenti o innovazioni, soprattutto architettonici, nelle nostre città e qui ripeto quello che scrivo da qualche tempo: l’importante è la qualità di un intervento, non certo la dimensione o peggio l’intangibilità o l’inviolabilità di certi luoghi; la storia ci dovrebbe insegnare che l’Italia è la somma di stratificazioni architettoniche e che spesso gli interventi coraggiosi hanno segnato le nostre città ed è giusto che gli architetti chiamati a disegnare il territorio contemporaneo e le città contemporanee lo facciano con linguaggi moderni, funzionali e contemporanei. L’Italia e Bergamo, che per secoli hanno accolto grandiosi interventi architettonici, devono cambiare mentalità e diventare critici e feroci nei confronti della piccola edilizia residenziale, che sta martoriando e mortificando le nostre periferie, anziché inveire ogni volta che un progetto si erge al di sopra dei mediocri standard contemporanei. Perché non raccogliere firme per abbattere tutto il quartiere della Celadina o per radere al suolo Zingonia?
                                                                 cristiano.calori@fastwebnet.it

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