ascensori, la maggior parte dei quali preesistenti alle opere effettuate e collocati nelle aree già destinate dapprima agli uffici della ex Pretura e successivamente a quelli del Tribunale civile. L’impatto all’interno dell’edificio e soprattutto nei piani alti genera qualche perplessità, essendo la struttura nel suo insieme caratterizzata da soffitti bassi e da lunghi e stretti corridoi che lambiscono le aule occupate dai magistrati. Il contesto in sé, seppur ottimizzato dal punto di vista architettonico, si allontana dal concetto forse datato, ma pur sempre efficace, dei grandi spazi che hanno caratterizzato gli uffici delle pubbliche amministrazioni e, storicamente, dei Tribunali.
     Le grandi concentrazioni di persone e di personale impiegatizio che quotidianamente accedono ai vari servizi avrebbero richiesto, pur ammettendo le difficoltà alle quali sono stati esposti i progettisti, uno sforzo più ragionato che consentisse di usufruire di spazi più ampi e vivibili e che non costringesse l’utenza a divincolarsi negli angusti corridoi ove la sosta forzata diventa pratica quasi quotidiana e viene scandita da attese più o meno lunghe, legate alla celebrazione delle udienze.
     Ancor prima che l’amministrazione cittadina autorizzasse i lavori di ristrutturazione e di ampliamento della struttura, si era prospettata l’alternativa di edificare il nuovo Palazzo di Giustizia nella prima periferia cittadina, sia per renderlo maggiormente accessibile all’utenza sia per dare sfogo alla forzata concentrazione di spazi. La levata di scudi delle categorie professionali ha impedito la realizzazione di un progetto che avrebbe da una parte offerto una maggiore e diversa possibilità di gestire ampie superfici, ma, dall’altra, avrebbe determinato una duplice quanto significativa ricaduta negativa per il centro cittadino. La prima avrebbe avallato quella tendenza a decentrare attività e servizi, impoverendo la città, non solo economicamente, e privandola di quel sano fermento quotidiano che ancor oggi rende piacevole passeggiare per il centro cittadino. La seconda conseguenza avrebbe imposto a buona parte degli addetti ai lavori la necessità di avvicinarsi, per ragioni logistiche, alla nuova struttura abbandonando studi e sacrificando la redditizia politica degli affitti che muove una significativa economia immobiliare cittadina.
     Al di là di queste legittime considerazioni, che ai più potrebbero apparire come un semplice e mero ricorso alla conservazione di privilegi e di comodità radicate, è un dato di fatto che il Palazzo di Giustizia abbia raggiunto due obiettivi, quello di aver soddisfatto la concentrazione delle attività giudiziarie e quello di aver, ancora una volta, dato motivo di tenere allenata l’abitudine alla critica.

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