Cosicché, l’iniziale ed inevitabile innalzamento del costo della vita, favorito da un pressoché assente controllo dell’andamento dei prezzi, ha dato il via ad una spirale incontrollabile che si è abbattuta sulle famiglie italiane, che non hanno potuto ricorrere agli ammortizzatori sociali o a forme di protezione del risparmio. L’aumento dei servizi primari si è accompagnato ad una stabilità dei redditi medi generando ovviamente un effetto boomerang che ha coinvolto i settori del credito al consumo e del ricorso alle più diffuse forme di finanziamento, soprattutto nel settore immobiliare.
     L’intera classe politica, rivolta quasi esclusivamente a duettare tra i contrapposti schieramenti e a dare voce a necessità tutt’altro che prioritarie per la collettività, ha quindi assistito passivamente al compiersi del declino, omettendo interventi indifferibili, investendo le amministrazioni locali dei problemi logistici ed operativi, sottraendo risorse ai servizi essenziali e ritardando tutte le iniziative che si sarebbero rese necessarie nell’ottica di una riforma strutturale dei vari comparti pubblici. Le conseguenze, fin troppo visibili, consegnano alla quotidianità un Paese zoppicante ed incapace di rispondere efficacemente alle esigenze della collettività e più in generale alle solenni e ferree regole dettate dall’economia.
     Il disorientamento generalizzato ha consentito una sorta di restaurazione della vetero-politica, che ha sposato la regola non scritta e tacitamente condivisa dai prezzolati parlamentari ovvero quella di promettere ma non mantenere. La logica della convergenza di intenti, termine al quale maggioranza ed opposizione sembrano particolarmente affezionate, appare più un’utopica speranza che diverte le pletoriche formazioni parlamentari che un reale obiettivo che partorisca interventi decisi e risolutivi nell’interesse del Paese. Affermare, pertanto, che la politica sia oggi lontana dal percepire ciò che realmente accade nella disastrata Italia non sembra più un luogo comune, ma una triste presa di coscienza che non scuote i politici, eccezion fatta per qualche solerte titolare di dicastero che cerca faticosamente di farsi interprete e portavoce del sentire comune.
     La strada delle agognate riforme rimane, tuttavia, lontana e pregna di ostacoli istituzionali che, in nome della coerenza politica, paralizzano disegni di legge ed elaborano strategie mai veramente risolutive. È paradossale osservare come, nella difficile cornice sociale che avvolge l’Italia, la panacea di tutti i problemi sembra collocarsi nella riforma della legge elettorale, sventolata dai tanti urlatori travestiti da deputati, il cui vero scopo, in spregio agli elettori, è quello di determinare alleanze più o meno fittizie che consentano agli aspiranti parlamentari di spartirsi collegi e di ottenere preferenze che perpetuino i privilegi di casta ormai pienamente consolidati.

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