NATALE, CHE GOLOSITÀ!
                                  di Cristina Mascheroni

     Cari lettori, viste le imminenti festività, questo mese non vi “annoieremo” con diete ferree o consigli sulla perfetta forma fisica anche perché, a dicembre, gli sport che vanno per la maggiore sono il “sollevamento della forchetta” e il “lancio del piatto vuoto”! Scherzi a parte, vogliamo “ingolosirvi” con alcune curiosità sui dolci tipici di Natale, quelli che molto carinamente si depositeranno sotto forma di antipatici adipociti sulle nostre maniglie dell’amore (per i baldi giovani all’ascolto) o in ribelle ed ostinata cellulite (per le gentili donzelle).
     Cominciamo con il panettone, dolce caratteristico che troneggerà sulle tavole di ognuno di noi nella notte del Santo Natale. È diffusa la credenza che la sua origine affondi le radici nella città di Milano, ma in realtà la sua storia è molto, molto più antica. Si rifà ad un’antichissima usanza, comune a molte popolazioni, sia italiane sia europee: quella di preparare un pane speciale per il Natale. Infatti, per celebrare questa festa, nelle case si coceva un grande pane, fatto con la farina bianca: inciso con una grande croce, esso veniva messo a cuocere sul fuoco del caminetto e poi offerto a tutta la famiglia, quale simbolo di pace ed unione. Con il passare degli anni, alla ricetta originaria sono stati aggiunti altri ingredienti, rendendo così il “pane di Natale” più ghiotto: uvetta, canditi e, nella versione piemontese delle Langhe, anche le nocciole.
     La leggenda del panettone narra invece di una lontana vigilia di Natale, alla corte di Ludovico il Moro, signore di Milano, dove si tenne un grande pranzo. Per l’occasione, il capo cuoco preparò una sontuosa torta per chiudere un così fastoso banchetto, ma, malauguratamente, a causa di uno sbadato sguattero di cucina, Toni, il dolce fu bruciato e il panico invase la cucina. Che cosa offrire ora al duca? Toni, per cercare di riparare al danno, offrì il dolce che aveva preparato per sé, fatto con il burro, la farina e i canditi, tutti avanzi di cucina, ed il capo-cuoco, non sapendo che pesci pigliare, decise di servirlo comunque in tavola. Un pane dolce, inconsueto, profumato di frutta candita e burro fuso, ben brunito dal fuoco. Una volta arrivato in tavola, il dolce incontrò un grande successo e in un istante andò a ruba, tant’è che il duca volle conoscere l’artefice di tale delizia ed il nome del dolce: si fece avanti lo sguattero, rosso dall’imbarazzo, il quale candidamente ammise di non aver ancora dato il nome alla sua creazione. Il Duca allora lo battezzò “Pan di Toni” e dal quel momento tutti mangiarono il pane dolce, simbolo del Natale.

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