per un improvviso incidente stradale. Beatrice, pallida e fragile, dopo mesi di lutto disperato in cui lascia il lavoro da insegnante, accetta di fare amicizia con l'esuberante Moira, ragazzona solare che, nonostante la perdita subita, continua a vivere la vita sociale di sempre. Un rapporto inquietante e pieno di ombre, in cui Beatrice troverà un'amica e un'antagonista fino a scoprire che quel legame che inconsciamente le unisce ha una base reale, ma che forse non avrebbe mai voluto scoprire. In “La traduzione”,il secondo racconto, lo scrittore americano Oliver ottiene il visto per visitare la Russia: in una terra così diversa dagli Stati Uniti, accompagnato dal traduttore Liebert, unico tramite tra lui e l'ostica lingua straniera, Oliver conoscerà un altro modo di vivere e un'affascinante donna di cui si innamorerà, ma l'improvvisa sostituzione del sensibile e complice Liebert con un russo fedele al regime tramuterà l'idilliaco viaggio in un incubo da cui ogni fascino sparisce, sostituito dalla fastidiosa sensazione di essere straniero in terra ostile.
     “Macchie di sangue” racconta con opprimente realismo uno scampolo di vita e pensieri del dottor Lawrence Pryor. Sposato con la bella Beverly e padre dell'adolescente inquieta Edie, Pryor ci accompagna nel suo vuoto interiore, un buco nero di incertezze e pensieri degradanti, costellati dalla monotonia del lavoro e dalle serate con gli amici attraversate con la fissità gelida e assente di un ectoplasma. L'ultimo racconto, “Daisy”,è ispirato al rapporto tra James Joyce e la figlia schizofrenica Lucia. Daisy è l'unica figlia del poeta Bonham, che stravede per lei. La considera un genio incompreso e sa che quella figlia così strana e delicata ha una sensibilità da artista, superiore a quella di chiunque, ma per gli altri Daisy è solo una schizofrenica, con frequenti momenti di delirio e nervosismo. Un racconto che narra delicatamente la devozione di un padre ed il lato oscuro dell'amore filiale.
     Esplorando con mano leggera il mondo capovolto dell'incertezza, il notturno delle nostre vite, la Oates ha inanellato quattro perle ed una sensazione di inquietudine accompagna il lettore sino alla fine del libro, lasciando la sensazione di dibattersi in un'acqua nera e densa di realtà. Si sente quasi il bisogno fisico di uscire e stendersi al sole per scacciare il freddo che genera ogni racconto. Qui è la normalità a farsi veicolo del perturbante, ogni dettaglio un dubbio instillato nei personaggi e nel lettore. È la sensazione di straniamento che copre tutto con una patina di ossessività insopportabile a darci la misura di quanto sia profondo l'abisso in cui ci conduce la Oates, grande scrittrice e indulgente psicologa delle debolezze umane.
                                                                               Silvia Ferrari

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