UN GIP BERGAMASCO CONTRO PIRATEBAY.ORG
                                  di Graziano Paolo Vavassori

     La questione sarebbe interessante di per sé; a maggior ragione trattandosi di un GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) bergamasco. Purtroppo non ci è stato possibile reperire il nome del GIP che ha emesso un decreto che ha sconvolto il mondo dei downloader, ma forse è stato meglio così, penserete dopo che vi avremo spiegato la fantasia e l’inconsistenza dell’ordinanza. Andiamo con ordine.
     Nell’agosto scorso un GIP del Tribunale penale di Bergamo ha “disposto il sequestro” di un server svedese: PirateBay.org; codesto dominio è molto conosciuto dagli “scariconi”, perché si tratta di un motore di ricerca per i file torrent, ovvero quei file condivisi on-line che chiunque può scaricare. Diciamocelo chiaramente, si tratta per la maggior parte di contenuto multimediale coperto da diritti di autore, che viene dunque reso disponibile gratuitamente a tutti in barba alle leggi sul Copyright, perché per avere è giusto pagare. Un punto fermo, dunque, lo abbiamo: l’intenzione del GIP era quella di far rispettare la legge e di tentare di danneggiare questo sistema legale di condivisione dei file, a patto che si tratti di materiale non coperto da diritti di autore.
     La tecnica giustizialista è stata: ordinare agli ISP italiani (Internet Service Provider, coloro che ci permettono di collegarci ad Internet, esempio Virgilio, Alice, Infinito, Libero…) di filtrare a livello DNS (Servizio Dinamico del Nome) il portale; per intenderci, se dall’Italia, con un ISP italiano, cerchi di entrare nel sito www. piratebay.org, compare una pagina che riferisce dell’inesistenza del sito indicato, oppure, più elegantemente, una pagina ministeriale informa che “il sito è stato soggetto a sequestro preventivo”. Si tratta, a detta di autorevoli colleghi, di “un provvedimento di scarso fondamento giuridico”.
     Secondo l’ordinanza, se esiste un server in Svezia che consente di trovare e scaricare file illegalmente duplicati, nonché gestito senza un controllo diretto sugli utenti, si “presume” che anche un italiano, in Italia, possa acquisire del materiale illegale, “quindi, i gestori del motore di ricerca sono colpevoli di concorso in reato di violazione della legge italiana sul diritto d’autore commesso dagli utenti”. Ebbene, ora è congruo fissare un secondo punto fermo: la legge italiana non consente indagini penali ipotetiche.
     Chi ha conoscenze giuridiche può tranquillamente passare al capoverso successivo; gli altri, invece, possono rabbrividire nell’apprendere che il tentativo del GIP bergamasco equivale all’azione di arresto di un soggetto in stato di

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