La sua avventura, diventata poi professione, ebbe inizio quasi per gioco, quando ragazzino dopo aver assistito ad una corsa ciclistica decise di entrare a far parte di una squadra; a soli 11 anni, alla mattina si allenava e il pomeriggio andava a lavorare insieme al padre in cantiere. Dai 14 anni in poi è stata una scalata continua fatta di successi e di vittorie, tra le quali due Giri d'Italia (nel 2002 e nel 2005), di grandi soddisfazioni ma anche di fatica, perseveranza e sacrifici. Non sono mancati i momenti difficili quando nel periodo tra il 2003 e il 2005 la sua carriera ha subito un arresto forzato in seguito a tre gravi incidenti.
     In un filmato viene riproposta una scena che pur nella sua drammaticità ha scatenato una risata affettuosa nella platea, attenta e coinvolta, quando, dopo uno di questi incidenti, in una smorfia di dolore, fasciato e dolorante per la frattura del naso e della mandibola, in un letto d'ospedale, ma sempre disponibile a rispondere ai giornalisti con quella semplicità che lo contraddistingue, alla domanda poco opportuna “Come va?” rispose semplicemente: “Potrebbe andare meglio”. La medesima genuinità è emersa anche quando ha raccontato di come si sentisse lusingato nel correre a fianco di Rominger, Indurain, Bugno e Pantani, grandi campioni che lui aveva ammirato da sempre, e il suo pensiero, forse puerile, era: “...e se adesso li faccio cadere... e finisco sul giornale come colui che ha messo fine alla carriera di un campione?”
     Sicuramente importante e fondamentale durante questi anni l’appoggio della famiglia a partire dal padre che è stato il primo ad intuire le grandi doti del figlio e a spingerlo a salire in sella. Quel padre che quando il figlio era impegnato in una gara importante andava in cantiere per evitare di vivere con apprensione l’evento vedendolo in TV e capiva che Paolo aveva vinto se tornando a casa vedeva gente festosa alle finestre che lo salutava. La madre timorosa di vederlo coinvolto in qualche brutta caduta seguiva le gare mentre stirava e quando sentiva il cronista pronunciare il nome Savoldelli scappava nell’altra stanza. Capiva se il figlio aveva vinto dalla telefonata che arrivava puntuale, in caso contrario il telefono taceva. Dal racconto della moglie è emersa la fatica di stare accanto ad un campione e di come lei ha dovuto imparare nel corso degli anni a capirne e condividere i momenti difficili, la stanchezza e le lunghe assenze. Grande importanza il sostegno e la grande forza che lei ha saputo infondere al marito per farlo rimontare in sella, dopo due anni di forzato fermo, aiutandolo a superare dubbi ed incertezze.
     Savoldelli ha ricordato che tutte le volte che il giro terminava e tornava a casa i suoi compaesani gli riservavano una grande festa e nei momenti difficili

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