di esternare proprie convinzioni politiche e sociali, potessero favorire il diffondersi di un clima civile di confronto. L’evento è ovviamente diventato, per la politica locale, pretesto per scambiarsi accuse in una campagna elettorale appena cominciata e che culminerà a giugno con l’elezione del sindaco e certamente non sono mancati, né a destra né a sinistra, gli opinionisti, di professione ed una tantum, che hanno lungamente dibattuto di responsabilità, colpe ed omissioni accusando i contrapposti schieramenti politici e rivolgendo, come da protocollo, i consueti strali contro la polizia, rea di aver avuto la mano pesante e di aver dato corso ad un intervento inopportuno ed abnorme. I sindacati di polizia sono ovviamente insorti a difesa dei propri aderenti lamentando, ancora una volta, la denigratoria campagna mediatica e rivendicando il proprio ruolo di “pompieri” con manganello, circostanza che ha trovato accoglimento anche nelle stanze della Prefettura.
     La vicenda suggerisce, però, due considerazioni: la prima vuole che Bergamo sia entrata nel novero delle città italiane che ospitano una sede di un movimento cosiddetto antagonista o ultranazionalista, ponendosi come contesto nel quale si potrebbero in futuro verificare situazioni conflittuali, ma allo stesso tempo come città che dà opportunità a tutti di esprimersi nel rispetto, arduo, dei limiti costituzionali; la seconda sta nel fatto che puntare il dito contro le forze dell’ordine sia diventato un cliché ormai superato e francamente un po’ irritante se si considera che le manifestazioni pubbliche, salvo quelle celebrative, non potranno mai, per loro stessa natura, prescindere dalla funzione protettiva della polizia, chiamata ad assumere un ruolo di tutela della collettività facendo propri metodi non sempre ortodossi ma necessari di fronte alle degenerazioni di un certo modo di pensare e di concepire la diversità di pensiero.
     Occorre, infine, prendere atto che è la storia stessa ad insegnare che rigurgiti autoritari si verificano laddove serpeggia un malumore che evidentemente le Istituzioni non sono state in grado di arginare e che neanche una certa sinistra radicale può ostacolare. L’ideologia politica, nei corsi e ricorsi storici, si afferma dove si creano vuoti di potere, inerzie e lassismo dei soggetti istituzionali e non si può pensare che Bergamo resti immune da questa infezione che sta investendo il Paese. Le rappresaglie politiche, giocate a livello locale, non possono trovare terreno fertile in occasioni, come quelle di sabato 28 febbraio, da manipolare o strumentalizzare a pregiudizio dei cittadini, costretti ad assistere ad una guerriglia urbana di lontana memoria.
     Il problema va chiaramente affrontato nelle sedi deputate e non certo lasciato in mano a sparuti gruppi organizzati che pretendono di imporre la propria visione del mondo violando il principio della libera, anche se non sempre condivisibile, espressione e di un ordine che rivendicano ma che essi stessi respingono con la propria intolleranza.

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