un auspicabile ma credibile rinnovamento e ad individuare una nuova classe politica che si facesse interprete delle necessità del Paese, abbandonando stantie logiche di potere e abiurando un sistema clientelare unico in tutto il panorama europeo. Purtroppo, l’attuale storia politica non pare aver decretato il superamento di una logica perversa ed, anzi, i recenti fatti di Napoli, culminati con la richiesta d'arresto di alcuni esponenti politici, dimostrano un pervicace funzionamento di una sorta di Mani pulite rovesciata rispetto quella originaria.
     L’azione della Procura di Milano era finalizzata, nella fase acuta di Tangentopoli, a dimostrare che l’imprenditoria era succube della politica, mentre l’indagine partenopea pare abbia accertato l’esatto contrario, dimostrando, almeno fino a quando non si pronuncerà l’Autorità Giudiziaria, che il sistema della Prima Repubblica si è trasferito, come il principio dei vasi comunicanti ma rovesciando il ruolo delle parti, nella Seconda. Il sistema attuale, che i magistrati definiscono “associazione per delinquere”, concetto ormai abituale ed entrato a far parte del vocabolario comune, si configura, però, come una struttura organizzata nella quale confluiscono apparati pubblici con i relativi funzionari e politici senza specifiche appartenenze e colori. Il potere imprenditoriale ha, di fatto, sottomesso quello politico piegandolo al proprio interesse e facendo valere un peso specifico oggi più che mai decisivo nel panorama sociale ed economico. Discorrere, quindi, di processi di moralizzazione che animano dibattiti televisivi e riempiono giornali e rubriche sollecitando anche autorevoli interventi, pare essere diventato un modo alternativo per contrastare pubblicamente, ma vanamente, una tendenza che difficilmente potrà essere sradicata, in quanto figlia di una cultura fondamentalmente antisociale, che trova terreno fertile in un popolo da sempre disunito e rivolto a curare l’interesse particolare.
     Anche le recenti lotte intestine tra le Procure, vedasi Catanzaro e Salerno per il caso De Magistris, rappresentano la spia eloquente di un malessere che travolge anche coloro che dovrebbero ergersi a depositari del rigore giuridico e del rispetto delle regole. Corruzioni, collusioni e clientelismi affondano, pertanto, la loro ragion d’essere proprio in queste anomalie, che nascono da sentimenti contrapposti che animano ed inquinano anche l’operato delle Procure, la cui azione dovrebbe, invece, essere sinergica ed uniforme ed unicamente sottoposta alla valutazione dell’organo gerarchicamente deputato ad accertare abusi e violazioni, ovvero il Consiglio superiore della Magistratura.
     Assistere ad una rappresentazione quasi teatrale di un contrasto netto tra organi inquirenti è un campanello d’allarme che deve inquietare l’opinione pubblica, la quale potenzialmente dispone del più decisivo strumento, quello elettorale sia esso attivo o passivo, per abbattere anomalie che trovano origine in una concezione politica disattenta e dilettantistica.

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