certo scuotimento nell’Esecutivo che, invece di sostenere sforzi economici a favore dei tutori dell’ordine destinando loro maggiori risorse, ha preferito dare formale riconoscimento alle ronde cittadine nate con finalità di controllo e prevenzione del territorio, ma prive di quei poteri delegati esclusivamente alle forze di polizia.
     Ad di là degli aspetti formali della questione appare chiaro che la tentazione dell’Esecutivo, come accade nei sistemi rappresentativi di governo, sia quella di assumere decisioni facendosi scudo dei sondaggi d’opinione ed il governo Berlusconi, proprio su questo meccanismo, ha riscosso un largo placet elettorale cavalcando l’inquietudine dell’opinione pubblica e giocando sull’insicurezza nelle città, reale o percepita che sia. Si è, quindi, cominciato “promuovendo” i militari a compiti di pattugliamento nelle maggiori città italiane, iniziativa certamente non scandalosa seppur inusuale, se si pensa che i militari rappresentato pur sempre soggetti potenzialmente idonei a garantire l’ordine pubblico anche in ambito civile. Si è, poi, proceduto con l’adozione da parte del Consiglio dei Ministri, a seguito del ripetersi di fatti socialmente riprovevoli ed inquietanti, di un decreto attuato con procedura d’urgenza che rende più dure le misure contro la violenza sessuale e l’immigrazione illegale, reati avvertiti con sempre maggiore preoccupazione dalla cittadinanza.
     L’iniziativa che, invece, appare meno condivisibile, seppur dotata di una necessità che deriva proprio dalla carenza cronica di risorse, è quella che permette la formazione, su richiesta dei sindaci, di ronde formate da cittadini disarmati e reclutati su base volontaria, il cui scopo è esclusivamente quello di coordinarsi con la polizia in caso di necessità. Le ronde rappresentano, in verità, un cavallo di battaglia della Lega Nord, un’idea che è sempre stata sponsorizzata dai rappresentanti in camicia verde, i quali hanno sempre sostenuto la necessità di contrastare la criminalità facendo ricorso a forme alternative e popolari di prevenzione e di controllo, complice l’inerzia delle Istituzioni, sorde ai problemi reali denunciati dalla collettività.
     È proprio l’inerzia dello Stato, intesa come rifiuto a sostenere economicamente un servizio primario come quello della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, che ha provocato una serie di reazioni che appaiono meritevoli di attenzione. Le associazioni di polizia hanno giustamente rivendicato la paternità del proprio ruolo istituzionale che non può essere delegato a semplici seppur volenterosi cittadini, dal momento che su di essi incombe potenzialmente il rischio della “giustizia fai da te”, derivante dalla

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