UN PICNIC CON IL MORTO
                                  di Giovanni Graziano Manca

     Sabato, finalmente. Poco prima di mezzogiorno, attraversato rapidamente il cortile polveroso si ritrovarono fuori dal grande cancello di ferro della scuola, sulla strada. Zaino in spalla, fradici di sudore, in quella tarda mattinata assolata e inclemente di metà Giugno, in uno degli ultimi giorni di scuola, Orazio e Nello tergiversarono un poco prima di imboccare ciascuno la strada di casa propria. Fu il brontolio dello stomaco dell’uno e quello dell’altro che li fece decidere a incamminarsi. Si avviarono, delusi per l’imminente distacco, con quella indolenza tutta loro; Nello, dinoccolato, impegnato a inseguire e riempire di calci un barattolo di latta, Orazio appresso a lui, come al solito, con quella sua aria sognante e furbetta di divoratore di fumetti, perso dietro a chissà quale profonda riflessione. E così, in fondo alla via e sempre a distanza, ognuno concentrato nel proprio personale esercizio, tentarono un saluto. Con un cenno frettoloso del capo si intesero sull’accordo già preso in classe di vedersi nel pomeriggio per dar la caccia ai verdoni e alle lucertole, giù al fiume.
     Contro le loro aspettative ci trovarono ancora dell’acqua, giù al fiume. Di ciò, oltre che sorprendersi, parvero contentarsi perché soprattutto nei mesi estivi quel corso d’acqua, anche nelle altre stagioni dell’anno sempre molto modesto quanto a portata, era infatti poco più che un ruscello, dopo un inverno avaro di piogge come quello trascorso era quasi sempre asciutto. Conclusero la discesa ridacchiando e lanciandosi a vicenda piccoli sassi e pigne rinsecchite raccolte di passaggio nella foresta di vecchi pini che si adagiava su quel lato della montagna. Quel dopo pranzo, peraltro, prometteva bene; anche a uno dallo sguardo distratto la cacciagione sarebbe apparsa a portata di mano e un refolo d’arietta fresca insisteva piacevolmente, attenuando gli effetti della canicola. Raggiunto il piccolo sentiero pietroso che porta alla cascata bastò loro percorrerne una cinquantina di metri e aggirare lo spiazzo ombroso dove stormivano le fronde di un gruppetto di vecchie querce per arrivare a due passi dal fiumiciattolo. Svoltarono poi verso la pozza formata dalla cascatella convinti di trovarla limpida come di consueto, ma ci rimasero un po’ male a constatare che l’acqua era invece leggermente torbida. Fu proprio mentre si chiedevano a che cosa fossero dovute quelle chiazze e quelle striature brune che si diramavano nell’acqua che videro ciò che mai avrebbero voluto vedere e che mai si sarebbero aspettati. Nascosto tra le felci, riverso su uno strato di fanghiglia leggera, il corpo di Gaetano, il panettiere conosciuto da tutti in paese per le sue mirabolanti

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