DELITTO E CASTIGO
                                  di Fedor Dostoevskij

     L'umanità si divide in due: le persone normali, che devono sottostare alle leggi, e i geni, che per il loro carattere di eccezionalità possono affrancarsi da quelli che sono i normali obblighi civili, omicidio compreso. Sembra una teoria assurda, ma è proprio da essa che scaturisce la vicenda narrata in “Delitto e castigo”, di Fedor Dostoevskij. Lo studente Rodiòn Romanyc Raskol'nikov vive in estrema indigenza in una camera ammobiliata di San Pietroburgo; tormentato e irascibile, concepisce un piano per uccidere e derubare una vecchia strozzina a cui aveva dato in pegno i suoi pochi averi, ma quest'atto terribile segna inesorabilmente la coscienza dello studente, influenzando i rapporti con la famiglia e gli amici.
     La questione morale è il fulcro dell'intero romanzo; quanto un uomo può convivere con il senso di colpa e quale peso ha la religione cristiana nella sua redenzione? Raskol'nikov rappresenta l'ateismo, l'estremizzazione delle teorie sulla ricerca del bene personale prima di quello collettivo: il fallimento dell'ipotesi del “superuomo” immune dalle leggi della società civile si svela nel momento stesso in cui il senso di colpa si affaccia alla mente del protagonista. Attorno a Raskol'nikov c'è una miriade di altri personaggi, che rappresentano tutti una sfaccettatura della sua personalità; Sonja, devota e umile nonostante la sua condizione forzata di prostituta, ha la forza della fede dalla sua parte. È proprio il suo intervento che determinerà la scelta finale di Raskol'nikov. Dunja, sorella del protagonista, ha come caratteristica spiccata l'onestà e la forza d'animo; il suo matrimonio con Razumichin, l'alter ego positivo di Raskol'nikov, è forse una delle poche scene di speranza dell'intero romanzo.
     Il malessere di Raskol'nikov si manifesta attraverso la malattia e il delirio: la preoccupazione dei parenti e degli amici diventa per lui una pena insopportabile, poiché sa di non meritarla a causa del suo atto. Non è infatti la paura della pena che lo spinge a latitare, ma la reazione che la sorella e la madre potrebbero avere. La consapevolezza di aver fallito nel suo progetto di studi (all'inizio del libro, infatti, apprendiamo che Raskol'nikov è stato allontanato dall'università per l'impossibilità di sostenerne il costo) e di far pesare la sua sussistenza sulla madre anziana e vedova è forse la molla principale che lo spinge all'omicidio; nelle intenzioni del protagonista i soldi rubati all'usuraia sarebbero serviti per finanziare la conclusione degli studi e per cominciare una carriera nell'immenso apparato burocratico russo, insomma a “fare grandi cose”.

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