SE ANCHE I MINISTRI BALBETTANO…
                                  di Pierluigi Piromalli

     La recente vicenda che ha coinvolto l’ex ministro Claudio Scajola, accusato di aver acquistato un appartamento nella Capitale grazie ad un consistente apporto patrimoniale fornito dal gruppo Anemone, sollecita alcune riflessioni sullo stato di salute in cui versa la politica nazionale.
     Premesso che le dimissioni del ministro erano un atto dovuto, dai più interpretato come un gesto di sensibilità istituzionale degno di una nota di encomio piuttosto che di una scelta imposta dalla decenza politica, rimane l’evidenza di una questione personale i cui contorni restano ancora avvolti dal mistero. Eventuali tentennamenti sull’opportunità o meno di rassegnare volontarie dimissioni avrebbero rafforzato la perplessità dell’opinione pubblica, ora più che mai sfiduciata da una certa eufemistica leggerezza di parlamentari ed amministratori sui fatti oscuri della vita politica e sociale del Paese.
     Conta il fatto, soprattutto per la posizione di Scajola, che tale vicenda suona grave e preoccupante perché sarebbe davvero sorprendente attribuire una smemoratezza così grossolana ad un politico di lungo corso che ha ricoperto importanti incarichi istituzionali, ma che dimentica di aver ricevuto una somma ragguardevole senza riuscire a dare una spiegazione limpida e convincente dell’operazione contestata. Diversamente, nel caso in cui Scajola fosse stato vittima di una macchinazione ordita nelle alte e subdole sfere del potere, ci troveremmo di fronte a un disegno criminoso, perpetrato ai danni di un parlamentare, tale da far dubitare davvero della credibilità e della tenuta del nostro sistema democratico.
     In attesa che si faccia luce sulla vicenda, senza dimenticare che i sospetti alimentano considerazioni inopportune se non sorrette dalla più dettagliata ed analitica verità processuale, appaiono sempre più numerosi i casi di coinvolgimento di politici in vicende private ed amministrative, situazione che non può essere liquidata con mere considerazioni di stile. La sociologia o parte di essa, potrebbe leggere questo fenomeno come lo specchio di un decadimento culturale e di costume, che ha inquinato anche l’operato della classe politica, ammesso che questa, anche in tempi più “vittoriani”, fosse immune da simili virus, omologandola al vivere e al sentire comune, cioè appiattendo il senso della legalità e rendendo quasi veniali comportamenti non proprio ortodossi. È cambiato, insomma, il senso della percezione del concetto di legalità e di trasparenza, complice un clima alterato che ha investito la società e che ha

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