LA CRISI POLITICA NEL PDL PRESAGISCE CAMBI DI SCENARI
                                  di Pierluigi Piromalli

     L’Esecutivo targato Berlusconi si avvia verso una importante svolta politica sollecitata dall’ex leader di AN, Gianfranco Fini, il quale ha reso noto di non condividere più la linea programmatica del Pdl, gruppo all’interno del quale i rapporti si sono raffreddati se non addirittura incrinati. Il malessere, se così può essere definito, era in atto da tempo, dal momento che bastava osservare gli atteggiamenti di Fini per rendersi conto che il rapporto con Berlusconi, poco più che tollerato, era giunto al capolinea.
     Dopo un anno di schermaglie, di frasi sibilline, di risentimenti malcelati all’interno del Pdl, l’unico elemento che emerge nella sua evidenza è che ci sia stato l’atteso atto di rottura, un atto di discontinuità nel modus operandi del partito e della maggioranza. È sintomatico come nel volgere di un anno dalla sua fondazione e dopo la conferma elettorale ottenuta nelle ultime consultazioni amministrative, il Partito del Popolo della Libertà sia entrato in crisi di identità, situazione che preannuncia, per i suoi contenuti, cambiamenti di rotta forse irreversibili.
     Il recente vertice tra il presidente del Consiglio e il presidente della Camera sembra abbia sancito un divorzio ufficioso, anche se ogni valutazione potrebbe apparire, soprattutto in politica dove il vento soffia a seconda delle convenienze del momento, una conclusione strategicamente errata. Da una parte c’è l’imbonitore Berlusconi, scaltro comunicatore che cercherà di far valere le sue doti di negoziatore, soprattutto in un momento delicato della legislatura, continuando ad aizzare campagne mediatiche e lanciando i soliti strali contro i poteri dello Stato ma cercando di appianare i conflitti in seno alla maggioranza, spinto dal suo proverbiale quanto spesso incauto ottimismo. Dall'altra c’è Fini, figlio della prima Repubblica e navigato uomo politico, che da buon traghettatore sta cercando di pilotare la Destra italiana, lottando contro l’ostracismo dei suoi ex compagni di partito, ad una fisiologica trasformazione più europeista e globalizzata.
     Nel teso confronto tra i due cofondatori del Pdl sembra essersi, però, verificato qualcosa di molto più profondo di un semplice strappo tattico, ovvero una rottura politica che, probabilmente, si era già consumata da tempo, ma che aspettava il momento opportuno per essere ufficializzata. Tutto ciò non fa altro che sancire quello che appariva evidente fin dalla nascita del grande partito di maggioranza,

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