bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
     Venditore. Speriamo.”
     Quindi anche per un pessimista come lui la vita dovrebbe essere “una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti” pur nella convinzione che la felicità deve essere considerata come l’anno nuovo che non sappiamo come sia, “la quiete dopo la tempesta” o il sabato del garzoncello scherzoso che precede la domenica della vita…
     Senza essere grandi filosofi il richiamo del padre Dante nel terzo canto del Purgatorio (vv 34-39): “Matto è chi spera che nostra ragione/ possa trascorrer la infinita via/ che tiene una sustanza in tre persone./ State contenti, umana gente, al quia;/ ché se potuto aveste veder tutto,/ mestier non era parturir Maria;” è un invito ad accettarsi come si è e a rendersi conto che il voler troppo capire o sognare non significa come logica conseguenza essere felici.
     Non sono come don Davide e, anche se difficilmente acquisterò un biglietto delle varie lotterie, auguro a tutti i miei lettori ed a me se mi lasciassi prendere dalla cupidigia di tentare, di raggiungere almeno un premio minore, che permetterebbe di vivere meglio e di non perdere il ben dell’intelletto.
                                                                       gaudens@live.it

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Del Purgatorio: www.mediasoft.it