la ragione, bisogna guardare alla realtà e puntare al federalismo. Se anche al Sud lo capiranno, allora, la secessione resterà solo un sentimento ma, se faranno di tutto per osteggiare la riforma federale, allora, ho idea che la divisione del Paese ci sarà per forza, in modo naturale.”
     Come riesci a conciliare tutto: Comune, Regione, Famiglia e Atalanta?
     “Non è facile. Ad esempio, nel fine settimana, alle varie cerimonie, inaugurazioni e, d’estate, alle numerosissime feste della Lega, ci vado con moglie e figli. Sudo come un matto però: mi è capitato più volte di fare un intervento di saluto con mia figlia, 7 anni, in groppa e con l’altro, di 4 anni, che correva sul palco. So che non è propriamente elegante ed istituzionale ma, altrimenti, quando sto con i figli? Sinceramente, poi, per uno che non mette mai la giacca e, men che meno, la cravatta, anche se mi presento con una bambina in groppa a una cerimonia… Per l’Atalanta, il mio primo amore, invece, dico sempre: sono disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, il mio numero di telefonino è stato pubblicato anche sul giornale ma, per favore, non disturbatemi la domenica dalle 15 alle 17, salvo anticipi o posticipi. E se perde, non chiamate nemmeno la domenica sera!”
     A proposito, lo stadio nuovo si farà finalmente?
     “Lo spero proprio. L’Amministrazione Tentorio ne ha fatto un punto cardine del proprio programma e, come garanzia della volontà di realizzarlo, basta l’assoluta fede atalantina del Sindaco. Il Comune sta facendo la propria parte, qualcun’altro però mi sembra manchi all’appello, ovvero la società Atalanta. E non è cosa da poco…”
     Termina così la nostra intervista. Mi sono divertita, lo confesso, ma sono anche soddisfatta della nostra chiacchierata. Quello che colpisce sempre e che, oggettivamente, è invidiabile, che lo si condivida o meno, è “l’attaccamento alla maglia” che dimostrano i militanti della Lega e la loro capacità di trasmettere genuina passione: essere nella Lega è una fede, è un patto di sangue per un ideale profondo, ovvero, quello della Libertà del proprio popolo e del proprio territorio. Libertà intesa non solo nello specifico del termine, ma, anche e soprattutto, come conservazione delle tradizioni, della storia, delle usanze, della lingua, dell’identità, della vita stessa della nostra gente. Ce l’hanno scritto dentro e lo si respira stando loro accanto. Daniele Belotti, nella passione, è il nostro William Wallace; il suo sangue, al suono della colonna sonora di Braveheart, ribolle... e sì, tanta passione, comunque la si pensi, suscita stima e rispetto, veri e sinceri. Sentimenti che, in politica ma soprattutto nella vita, si conquistano solo con l’esempio e sono riservati ai “grandi” che hanno fatto, o faranno, la Storia. Ai posteri la sentenza.

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