mutamenti alla Mondadori, dell’ipotesi di un nuovo direttore a “Epoca”. Allora Walter, rivolgendosi a Buttafava, sbottò e disse queste parole che non potrò mai dimenticare: «Caro Vittorio, se disgraziatamente tu fossi costretto a lasciare la direzione, sappi che per me la carriera giornalistica sarà finita per sempre. Me ne andrò nella mia campagna a coltivare le patate».
     Poco tempo dopo, al ritorno da un viaggio in Sud America, Buttafava scoprì effettivamente di essere stato sostituito a tradimento con un altro direttore, la, per altro bravissima, Andreina Vanni. In quel momento si compì anche la grande avventura giornalistica di Walter Bonatti a “Epoca”.
     A proposito del Bonatti giornalista… Su questo vorrei spendere una nota aneddotica veramente gustosa e assai probabilmente inedita. Io ne sono a conoscenza perché fu Pino Grazzini a raccontarmela con dovizia di particolari.
     Correvano dunque i favolosi anni ’60 ed era il tempo in cui Bonatti realizzava i suoi leggendari servizi da inviato-esploratore per “Epoca”. Dirigeva allora la rivista Enzo Biagi. Al ritorno dai suoi viaggi, Bonatti si rinchiudeva in casa per giorni e giorni a scrivere. Lui, uomo d’azione e di avventura, era però tutto tranne che un “letterato”. Era ben cosciente dei suoi limiti culturali e la cosa lo faceva soffrire. Perciò, nello scrivere i suoi servizi, si accaniva terribilmente con la grammatica, la sintassi e i dizionari. Cercava in tutti i modi di imitare la scrittura sciolta e brillante dei “grandi giornalisti” di quel tempo, ma i risultati dei suoi sforzi lasciavano molto a desiderare. Ogni volta, Enzo Biagi dava incarico proprio a Grazzini di rimettere le mani nei testi di Bonatti. Il che significava, per il povero Pino, dover accollarsi la fatica immane di una riscrittura che non offendesse troppo la suscettibilità di Walter.
     La faccenda andò avanti così per un bel po’ di tempo. Fino a quando, un giorno, il povero Grazzini esasperato ebbe un’idea geniale. Disse a Enzo Biagi: «Quando Walter torna, tu chiamalo nel tuo ufficio e con qualche scusa fatti raccontare la sua avventura da cima a fondo e, senza che lui se ne accorga, registra le sue parole nascondendo un microfono sotto il bordo della scrivania. Vediamo un po’ cosa salta fuori». Biagi approvò subito l’idea e poco tempo dopo la mise in atto. Il risultato fu portentoso: il discorso schietto e spontaneo di Bonatti, fatto così alla buona, senza preoccupazioni o pretese “letterarie”, fu pubblicato tale e quale su “Epoca”, senza bisogno di alcun intervento o correzione da parte di Grazzini. Da quel momento in poi il sistema della registrazione divenne una prassi costante e fu proprio allora che nacque il fenomeno irripetibile di Walter Bonatti “grande inviato”!

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