IL CARRO DEGLI ITALIANI
di Zebra
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Le recenti consultazioni referendarie hanno dato esiti molto netti con una vittoria schiacciante dei sì e con una partecipazione oltre ogni aspettativa della popolazione, ma apre, a mio parere, preoccupanti considerazioni sulla facilità con la quale l’opinione pubblica italiana si compatti unilateralmente a seconda delle situazioni. Mi spiego meglio: la recente storia d’Italia, non solo quella contemporanea, si è contraddistinta per numerosi e repentini spostamenti di massa dell’opinione pubblica, in genere gli italiani sono tutti contro, oppure tutti a favore, di una qualsiasi situazione, difficilmente assumono posizioni non prevedibili o articolate.
Gli Italiani, dopo aver accolto con favore il regime fascista negli anni 30, compresi Dario Fo, Giorgio Bocca e Indro Montanelli, si sono scoperti tutti antifascisti e forcaioli in Piazzale Loreto negli anni 40 a cui ha fatto seguito una lunga stagione democristiana che guardava a sinistra fino alla fine degli anni Ottanta per poi ritrovarsi tutti giacobini e maggioritari negli anni 90, contraddistinti dall’era di mani pulite e dei referendum di Mario Segni; infine, negli ultimi 17 anni, dopo aver votato in massa Berlusconi, si scoprono oggi anti-berlusconiani, popolo del Web, grillini, santoriani, ma soprattutto sono convinti di aver rimesso la volontà popolare al centro del dibattito politico.
Personalmente ritengo che la vocazione degli italiani anche questa volta si sia confermata quella degli ultimi 50 anni: cioè salire sempre sul carro dei (temporanei) vincitori, ma non abbia espresso qualcosa di nuovo e di interessante da un punto di vista politico.
È chiaro innanzitutto che i recenti referendum hanno espresso soprattutto un giudizio politico (negativo) sul governo Berlusconi e poco sono entrati nel merito delle reali questioni che trattavano, la personalizzazione della politica e il clima da tifo calcistico ha ancora una volta soffocato ogni tentativo di discussione in questo Paese, da sempre immerso in un clima da Guelfi contro Ghibellini, Coppi o Bartali.
È evidente che sia stato così, altrimenti non è possibile spiegare come 4 quesiti così diversi nel merito abbiano ottenuto percentuali bulgare identiche, il 95% per il Sì con il 60% di votanti. Quando ci sono percentuali bulgare così esplicite per una democrazia non è mai un segnale di salute a mio parere.
Detto questo, Luca Ricolfi, sociologo torinese raffinato e uno dei pochi fuori dal coro del rissoso benpensantismo italico, sempre molto chiaro e lucido nelle sue esternazioni, ha sottolineato come la lettura di questi referendum sia soprattutto politica e provocatoriamente ha affermato come il popolo del Web
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