un’offerta più ampia rispetto al passato, sia il turista, che può trovare soluzioni veloci ed ottimali al suo peregrinare culturale con tanto di contributo all’economia locale.
     Dei sette “dehors” finora installati cinque sono stati realizzati grazie allo stanziamento di fondi regionali e chi li ha progettati si è certo divertito nell’ideare forme non sempre facilmente ed immediatamente comprensibili alla cittadinanza. Poco importa se queste idee si siano tradotte in composizioni più o meno stravaganti, la sostanza è che Bergamo si trova oggi a sperimentare una nuova concezione di spazi per vivere all’aperto la ristorazione, stimolando confronti e punti di vista antitetici che oscillano dal gusto e dall’eleganza per alcuni, all’improponibile e allo stonato per altri. Un dato oggettivo è che gli spazi così concepiti sono occasioni per creare salotti cittadini affacciati su scorci o piazze e l’aver avuto il coraggio di promuovere idee audaci è sinonimo del fatto che anche i progettisti non si sono fatti intimorire dal proporre idee innovative in contesti storici con il rischio di stravolgerli.
     Insomma, una sfida che ha innescato una discussione popolare con annesse polemiche, soprattutto in quella che oggi è un po’ diventata la zona simbolo del centro storico della città bassa, ovvero quella piazza Pontida che, fin dai tempi della costruzione della fontana nell’adiacente Largo Rezzara sulla quale risaltava per qualche tempo la statua di Arlecchino, raccoglie consensi e dissensi, dividendo, come sovente accade, cittadini e visitatori. Proprio da questa piazza si sono levate le prime voci di protesta della cittadinanza, la quale ha manifestato la propria contrarietà alla duplice realizzazione del “dehor” che secondo alcuni sarebbe in contrasto con il contesto nel quale è inserito, creando una evidente distonia con gli edifici sovrastanti. Il disaccordo riguarda il fatto che secondo i dissidenti, o meglio i conservatori, sarebbe stato utile imporre la realizzazione di una struttura che rispettasse le geometrie e le dimensioni delle arcate del porticato in modo tale da mantenere un’omogeneità complessiva e risultare meno invasiva possibile, con buona pace dell’occhio rivolto al rispetto dell’armonia. Ovviamente, com’era facilmente comprensibile, si è invocata la mancanza del buon gusto per giustificare realizzazioni che, a onor del vero, hanno generato qualche comprensibile perplessità tra i frequentatori della piazza, quel buon gusto che secondo alcuni non sembrerebbe albergare dalle parti di Palazzo Frizzoni.
     Al di là di contrapposti punti di vista che dividono le schiere dei pro e dei contro, resta il fatto che solo una minima parte dei bar cittadini dispongono di

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