In prospettiva futura le conseguenze maggiori, salvo un ritorno all’origine e la sottoscrizione di un accordo programmatico convincente, potrebbero essere patite proprio dal Cavaliere, che vedrebbe probabilmente spezzarsi la solida alleanza con Bossi, con le inevitabili ripercussioni a livello nazionale a causa dell’effetto domino anche nelle giunte del Nord, dove Pdl e Carroccio governano insieme. Anche la correzione di rotta dello stesso Antonio Di Pietro, inizialmente a favore del voto anticipato ma poi convertitosi ad un atteggiamento più riflessivo, ha isolato la Lega, l’unica formazione politica irrigidita sulle proprie posizioni ma coerente con il proprio ruolo di partito di rottura e probabilmente consapevole della propria forza elettorale, nonostante le grandi difficoltà di governo.
     Monti, insomma, più che premier dovrà essere il garante della credibilità degli impegni presi e di quelli che dovranno seguire e dovrà scrollarsi di dosso il sospetto di essere l’uomo forte delle banche e della finanza, facendosi interprete delle esigenze della collettività. Non esistevano, insomma, margini per perdersi in campagne elettorali che avrebbero allungato l’agonia politica favorendo il gioco di chi scommette sul crollo dell'Italia e della moneta unica.

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