migratorie che stanno investendo il Belpaese, ma se si vuole evitare di sprofondare nella perversa logica dei risentimenti e dei rancori, occorre chiedersi se l'Italia non stia pagando, in questo caso, il prezzo di una politica troppo tiepida, scontrosa, poco credibile e quasi sempre priva di iniziative coraggiose che favorisce, di contro, le politiche unilaterali dei paesi più influenti dell’Unione. Il Governo italiano sarebbe stato certamente più credibile ed autorevole se, invece che cercare lo scontro istituzionale con gli altri esecutivi dell’Unione, si fosse limitato, a suo tempo, ad approvare la direttiva del 2008 sui rimpatri, norma che avrebbe permesso di evitare alcuni degli errori commessi a Lampedusa e di ritagliarsi a Bruxelles un ruolo più incisivo a livello decisionale.
     Il rischio ora è che la crisi tunisina e libica rinforzino la corrente anti-europea della politica italiana già in rotta di collisione con l’Unione, nonostante gli sforzi di Napolitano nell’esortare la ricerca di soluzioni congiunte. Difficilmente verrà messa in discussione la partecipazione italiana alla UE, ma agli euroscettici che arringano con leggerezza sventolando vessilli da campanile bisognerebbe spiegare che un’eventualità del genere causerebbe effetti devastanti per un paese come l’Italia che ha bisogno assoluto del sostegno europeo, pena la perdita della stabilità monetaria, della credibilità finanziaria e di quel poco di autorevolezza politica che resta. Se l’Italia conta ancora qualcosa nello scenario mondiale lo deve principalmente alla moneta e al mercato unici, condizioni che consentono di competere con i giganti dell’economia mondiale.
     Affrancarsi dall’UE, come forse vorrebbero tanti poco lungimiranti pseudoeuropeisti, ci porrebbe nelle tragiche condizioni di affrontare problemi, come quello dell’immigrazione, realisticamente non gestibili dall’attuale sistema politico nazionale a prescindere dalle ideologie. Molto meglio litigare e discutere con i partners europei accettando compromessi piuttosto che alimentare il vortice di irreversibili autolesionismi.