polipropilene, non sono attaccabili da muffe e parassiti ma, di contro, hanno una scarsissima traspirabilità, lasciando d’estate sulla pelle una fastidiosa sensazione di appiccicaticcio. Inoltre, con lo sfregamento le fibre sintetiche accumulano un’elevata carica elettrostatica, difatti dopo una giornata con indosso una T-shirt sintetica al momento di toglierla la si sente crepitare, i peli si rizzano e talvolta, a contatto con una superficie metallica, si crea addirittura una scintilla. Oltre a tutto ciò, le fibre sintetiche tendono ad accumulare polvere e sporco. Per tutti questi motivi, esse sono responsabili di gran parte delle dermatiti da contatto e altre irritazioni della pelle, soprattutto gli abiti con colori scuri, tant’è che i soggetti allergici devono assolutamente utilizzare biancheria chiara ed a fibre naturali. È utile ricordare che la DAC (Dermatite Allergica da Contatto) è una patologia che colpisce ben il 4%della popolazione italiana e rappresenta un problema cutaneo veramente serio. Nelle persone che ne soffrono, il contatto con un agente inquinante scatena una reazione allergica che stimola il sistema immunitario a reagire all’aggressione; il fenomeno è in crescita, forse per il dilagare dei vestiti di provenienza dubbia a basso costo, e rappresenta un aggravio economico per il nostro già provato Sistema Sanitario Nazionale.
     Un capitolo a parte lo meritano senz’altro i jeans “delavé”, che quest’anno hanno furoreggiato sulle passerelle di moda. Questi jeans così trendy, stile “vintage” o logoro, vengono invecchiati tramite un procedimento di sabbiatura chiamato “sandblasting”: attraverso pistole ad aria compressa la sabbia viene “sparata” sui jeans determinando così la loro erosione e lasciando il tessuto “naturalmente” logoro ed invecchiato. Peccato che la sabbia che viene utilizzata contiene alte percentuali di silice, causa scatenante di una forma acuta di silicosi, malattia polmonare mortale! In Turchia, paese dove questi jeans vengono prodotti su larga scala e dove la manodopera dorme e lavora, anche fino a 15 ore consecutive senza nessun ricambio d’aria, nelle stesse stanze, si sono contati almeno 50 casi di decessi di operai sabbiatori a causa della silicosi e si pensa che, purtroppo, questa sia soltanto la punta dell’iceberg. Molte aziende stanno correndo ai ripari vietando la tecnica del sandblasting ed utilizzando altri metodi più indolori, ma per il consumatore finale è difficile riconoscere un jeans trattato con il metodo della sabbiatura dagli altri.
     È così difficile cambiare e sostituire tutte questi procedimenti che utilizzano sostanze tossiche con altri più sicure senza necessariamente far lievitare i costi aziendali? Alcune aziende ci stanno provando, ma la maggior parte di loro sono

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