raduni satanici, il cosiddetto Sabba delle streghe, e il sacro serpente di Iside e degli orridi pasti longobardi si adattò perfettamente al ruolo del biblico Tentatore. Fiorirono così le leggende e la fama del noce di Benevento divenne universale.
     Alle leggende si sovrapposero purtroppo delle tragedie vere. Come quella di una giovane donna di Todi, chiamata Matteuccia, la quale il 20 marzo del 1428 fu trascinata in catene davanti al tribunale dell’Inquisizione. Veniva accusata di conoscere e praticare le arti magiche e di volare nelle notti del Sabba (tra venerdì e sabato) da Todi fino al noce di Benevento, dopo essersi cosparsa di un misterioso unguento. Ecco il colloquio tra Matteuccia e l’inquisitore, come risulta dagli atti del suo processo.

     «Sei strega?».
     «Lo sono».
     «Incontri Satanasso?».
     «Lo incontro».
     «Ha le corna?».
     «Le ha».
     «E sta assiso su un trono?».
     «Sissignore».
     «E dov’è questo trono?».
     «Sotto lo noce di Benevento».
     «E come ti rechi a Benevento, che molte miglia dista da qui verso mezzogiorno. E come ne torni in una notte sola, molte ore consumando colà nelli abbominii della tregenda?».
     «Semplice, che io fabbrico lo magico unguento, e poi recito: unguento, unguento, mandame a lo noce di Benevento, supra acqua e supra a vento,
et supra ad omne maltempo».
     Poche ore dopo Matteuccia finì in cenere sul rogo, nella piazza centrale di Todi.
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