Consolidato ulteriormente il proprio potere con le elezioni del 1924 (il popolo lo acclamava come il salvatore della patria), Mussolini fu messo per qualche tempo in difficoltà per l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), il primo grande omicidio fascista, anche se gli storici contemporanei non lo riconducono direttamente al volere di Mussolini stesso; il discorso che egli tenne alla folla nel gennaio del 1925, con il quale rivendicò e si attribuì ogni responsabilità politica e sociale dell’accaduto, costituì una micidiale controffensiva di Mussolini verso gli avversari e chiuse definitivamente ogni suo riferimento con il vecchio Stato liberale.
     La reazione avversaria non si fece attendere. Alla fine dello stesso anno, Mussolini fu oggetto di diversi attentati, era diventato un personaggio scomodo: il primo, avvenuto nel novembre del 1925, fu ideato dal socialista massone Zaniboni, ma le spie dell’O.V.R.A. (Opera di Vigilanza e di Repressione Armata dell’Antifascismo) lo fecero sfumare. Il 7 aprile del 1926, un’anziana signora irlandese, Violet Gibson, sparò a Mussolini durante un comizio al Campidoglio, ma il proiettile gli sfiorò soltanto il volto; nel settembre dello stesso anno, l’anarchico Lucetti lanciò un ordigno contro l’auto di Mussolini, ma la bomba scivolò sul tetto della vettura ed esplose a terra, ferendo un passante; un altro attentato fu attribuito al giovane Anteo Zamboni, che sparò al Duce ma lo mancò e subito dopo fu pugnalato a morte dai legionari fascisti.
     Mussolini si salvò anche da altri due attentati, ad opera degli anarchici Schirru e Sbardellotto, i quali furono condannati a morte solo per aver avuto l’intenzione di commettere un attentato contro il capo del fascismo. Di fatto, nonostante l’affermazione di un regime chiaramente dittatoriale, Mussolini riuscì a conservare e ad accrescere il proprio consenso presso il popolo sfruttando abilmente anche alcune iniziative populistiche quali la risoluzione dell’annosa “questione romana”, realizzata attraverso la firma dei Patti Lateranensi (11 febbraio 1929), firmati per conto del Vaticano dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato, segnando la tanto agognata riconciliazione fra la Chiesa e lo Stato.
     Un’incessante propaganda nazionale esaltò in quel periodo le doti del dittatore Mussolini, dipinto ora come “un genio” ora come il “Duce supremo” (il termine Dux gli fu attribuito dopo la marcia su Roma), in una esaltazione della personalità tipica dei regimi totalitari. Mussolini divenne l’idolo delle folle, ma, con il passare del tempo, la Storia dimostrò che il leader tanto acclamato era in realtà una persona incapace di ferme decisioni e di strategie a lungo termine,

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