L’EUROSCETTICISMO, TRAPPOLA PERICOLOSA PER L'ITALIA
                                  di Pierluigi Piromalli

     L'euroscetticismo, alimentato soprattutto dalle vicende belliche che hanno coinvolto a vario titolo i paesi dell’Unione Europea sulla questione nordafricana, non rappresenta soltanto un fenomeno italiano, ma coinvolge tutte le diplomazie occidentali del Vecchio Continente. Volutamente si parla di diplomazie poiché sono esse il termometro di quel sentimento che rischia di infrangersi contro il muro dei buoni propositi eretto dalle nazioni fondatrici dell’Unione e sono esse che stanno tentando di ricomporre gli screzi che da tempo contrappongono i maggiori paesi dell’Europa occidentale in materia economica ed ora anche in quella militare.
     L’euroscettiscismo ha cominciato a manifestarsi durante gli anni Novanta, quando l'Unione Europea, per rispondere alle sfide della globalizzazione che tanti problemi ha generato a livello planetario, ha cercato d'imporre ai suoi membri regole economiche e sociali che avrebbero permesso all’Occidente di competere sul mercato con i grandi protagonisti dell’economia mondiale. Tutti i paesi aderenti all’UE fino a quelli dell’Est europeo che si sono affrancati dall’influenza egemone dell’ex URSS, hanno cercato, attraverso i loro governi, di compiacere ed imbonire i propri elettori, convincendoli della necessità di entrare a far parte della grande famiglia comunitaria, delegando progressivamente ad una comune autorità sovranazionale le decisioni più importanti in materia economica e sociale, pur mantenendo distinte le singole autonomie interne. Il fenomeno è particolarmente sorprendente in Italia, un paese che fin dal Trattato di Roma ha partecipato attivamente all'atto di fondazione dell’Unione e ha vantato per molti anni una consistente maggioranza europeista. L’Italia ha creduto fortemente nell'unità europea, perché permetteva al Paese di ragionare modernamente e di colmare le lacune della tardiva e imperfetta unità nazionale, spronando gli italiani a fare ciò che da soli, probabilmente, non sarebbero mai riusciti a realizzare, prigionieri com’erano e come sono di un sistema ampolloso e bizantino e di una mentalità votata all’immobilismo e al rinvio ad oltranza di qualsiasi provvedimento riformatore.
     Già con il MEC, il Mercato Comune Europeo, si vollero scavalcare le logiche nazionali che verosimilmente avrebbero ingessato il Paese ed ora, a maggior ragione, le scelte in chiave europeista appaiono necessarie per far fronte comune alle grandi sfide globali che coinvolgono l’Europa.

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