…le scoperte degli oncologi italiani negli anni ’70
ottennero il plauso di tutto il mondo scientifico…

                                              di Cristina Mascheroni

     Con questa intervista chiudiamo il tema delle malattie oncologiche, per le quali abbiamo dedicato il 2011. Stavolta, però, nell’ufficio del dottor Bernardo, primario della Oncologia medica 2 alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, ci siamo andati un po’ più leggeri. Giovanni Bernardo ha un’esperienza pluri-decennale in merito, quindi abbiamo ripercorso con lui le tappe più importanti che hanno reso l’Italia, negli anni ’70, famosa nel mondo e abbiamo parlato delle associazioni AIOM ed ASFO.

     Innanzitutto, conosciamoci meglio, ci parli di lei e del suo percorso accademico… perché ha deciso di diventare oncologo?
     “Beh, la prima decisione che si prende è quella di iscriversi a Medicina e diventare medico. All’inizio del mio percorso accademico ero orientato verso la neurochirurgia, idea che ho conservato fino al quarto anno, quando ho iniziato a frequentare i reparti chirurgici. Stiamo parlando della fine degli anni Sessanta, un periodo magico per l’oncologia medica italiana; fra l’altro, non molti lo sanno


ma è proprio l’oncologia italiana che ha fatto scuola nel mondo. A quei tempi, presidente e direttore scientifico dell’Istituto dei Tumori di Milano era il professor Bucalossi, il quale, durante un viaggio negli Stati Uniti, conobbe un medico promettente, l’oncologo italiano Gianni Bonadonna, una mente davvero brillante.”
     “In Italia, come ho ricordato prima, l’oncologia medica moderna non si era ancora sviluppata; è una disciplina recente, degli anni Settanta appunto. La prima innovazione che fu applicata in campo oncologico fu la MOPP, ovvero uno schema di trattamento farmacologico ‘ciclico’: prima di allora, i farmaci, davvero pochi all’epoca, venivano somministrati in modo continuativo, fino a raggiungere
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