che, fungendo da dogane tra il romanzesco viale della passeggiata marina e l’accesso alla spiaggia, hanno ammorbato l’atmosfera delle località costiere. Ciò, già di per sé grave a giudizio del sottoscritto, è un dettaglio di fronte all’angosciante problema della mancanza di spiagge libere, zone franche sempre più erose fino ad essere diventate fazzoletti di terra ostili e mortificati.
     La legge attuale garantisce il diritto, per ognuno, di potersi immergere liberamente nelle acque attraversando la spiaggia attrezzata e in concessione, ma tale diritto, pur esistente e allo stesso tempo tutelato fin quasi in riva al mare, è negato dove l'onda si infrange. Ci troviamo di fronte al classico paradosso legislativo che si rinnova per migliaia di chilometri lungo il litorale italiano, soprattutto là dove le spiagge sono invase da infiniti stabilimenti balneari. I gestori dei lidi giustamente proteggono il diritto dei propri clienti ad usufruire dei servizi e a non ritrovarsi una barriera umana sul bagnasciuga, neanche fossero in autostrada durante gli esodi estivi, ma tale lecita difesa del cliente, che mette mano al portafogli per godere di ombrellone, lettino e sedia a sdraio, mal si coniuga con la mancanza di spiagge libere, ormai sempre più rare.
     La norma che tutela il diritto di godere della spiaggia è contenuta nella legge finanziaria 2007, che impone l'obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l'area oggetto della concessione, anche al fine di balneazione. Quell’anche ha un che di sibillino e di oscuro, in perfetta sintonia con le invenzioni del legislatore, il quale lascia spazi sempre più ampi di interpretazione favorendo l’insorgere di contenziosi e liti.
     A contrastare la norma che tutela in astratto tale diritto di godimento del mare si pone quella che ha una valenza “erga omnes”, quindi anche per chi paga i servizi di un bagno privato. Questo ginepraio normativo e sanzionatorio proibisce, infatti, di occupare con ombrelloni, sdraio e accessori simili la fascia di battigia, destinata al libero transito, stabilita generalmente in 5 metri. I divieti originano da ordinanze comunali o regionali che operano su gran parte del litorale italiano e alla base degli stessi ci sono direttive di sicurezza delle Capitanerie di Porto. C’è poi la discrezionalità del bagnino, che svolge funzioni di “polizia balneare” nel tratto di arenile di sua competenza e che in teoria dovrebbe usare lo stesso metro per i suoi clienti e per gli estranei qualora si verifichino abusi nella fascia di battigia protetta, vietando quindi anche la presenza di secchielli, palette, asciugamani e dotazioni marine.

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