mantenerla affidabile verso i propri elettori e vi fu anche l’esasperazione di una classe imprenditoriale che non tollerava più i condizionamenti della politica e per questo denunciò alla Procura questo perverso sistema. Ma la notorietà di Mani pulite coincise anche, e non fu un caso, con lo straordinario successo della Lega alle politiche dell’aprile 1992, capitanata da quel Bossi che tenne a bada l’informazione e in scacco l’opinione pubblica, rivendicando cuore, campanilismo e territorialità come icone di una battaglia di trasformazione politica.
Il cambiamento in corso, come insegna la Storia, venne manipolato e gestito e il realismo che prese corpo dopo che i riflettori si spensero su Di Pietro e compagnia indusse a ritenere che il tempo dei vecchi partiti era sì finito, che l’inchiesta contro la corruzione era sì stata un bene, ma che a quel punto bisognava evitare che il Paese fosse pericolosamente governato dalle Procure. Ciò che oggi accade è la conseguenza di questo paradosso, che ha condizionato la politica dell’ultimo ventennio e che, con l’avvento della crisi economica, ha generato sfiducia galoppante in un sistema che avrebbe bisogno di un nuovo radicale e significativo cambiamento.
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