percentuale superiore alla maggioranza assoluta degli elettori invoca una alternativa più o meno radicale del quadro politico e questo ormai chiaro orientamento sembra, però, non aver minimamente fatto breccia nei partiti, che si ostinano a non voler affrontare criticamente la situazione e che, forse, eviterebbe loro gli effetti nefasti dei risultati elettorali con il rischio concreto di revisione totale degli equilibri e delle alleanze.
     Il fenomeno del grillismo, che tanti consensi sta raccogliendo nell’opinione pubblica, poggia in realtà sulla forza parallela a quella televisiva utilizzata abilmente da Berlusconi fin dal 1994 e alla quale lo stesso ha attinto a piene mani per legittimare la propria supremazia, ovvero la capacità persuasiva dei blog che lentamente hanno attecchito nel “mare magnum” degli assidui frequentatori del web, e non solo, provocando un tam tam mediatico che ha favorito la sponsorizzazione del Movimento 5 Stelle.
     Le analogie tra Berlusconi e Grillo, per quanto riguarda l’utilizzo dei format mediatici, devono tuttavia essere esaminate con obiettività, in quanto Berlusconi è riuscito a governare perché ha costruito il suo movimento che, comunque, aveva le connotazioni di partito ed è restato pur sempre tale, mentre Grillo ha costruito nulla che potesse dare l’idea di una struttura organizzata e coordinata in grado di fungere da punto di riferimento politico. Grillo è sostanzialmente diventato un’icona della ribellione urlata e della critica spietata al sistema e, sotto questo profilo, assomiglia più al Bossi, giovane e reazionario proteso all’idea della secessione e poi del federalismo, pur non avendo il carisma ed i tratti distintivi dell’uomo politico. Ne è, infatti, prova il recente caso di Parma, ove il neo eletto sindaco grillino, Pizzarotti, ha ritenuto di nominare nella sua squadra operativa il già direttore generale del Comune che, in passato, si era espresso criticamente nei confronti di Grillo, il quale, memore dell’accaduto, ha posto il proprio veto rendendo noto al sindaco che il Movimento 5 Stelle lo avrebbe delegittimato.
     Il grillismo, nella predicazione e nella celebrazione del suo leader, costituisce un insieme di critiche quasi sempre ovvie ed anche fondate, ma difetta, nella sostanza, di proposte che appaiono troppo spesso irreali o soltanto demagogiche. Che il Paese abbia bisogno di una generazione nuova e politicamente vergine è sicuramente vero, ma il grillismo, così come ha già fatto il leghismo, potrà forse fornire, soprattutto alle amministrazioni locali poco strutturate, anche validi sindaci e validi amministratori, ma difficilmente potrà allevare una classe dirigente che si assuma il difficile compito di governare il Paese.

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