del Paese. In verità, in quasi tutti gli ambiti citati è stata quasi sempre decisiva la competenza degli enti locali, troppo spesso collegati a lobby edilizie e soffocati dalle logiche partitocratriche dei propri esponenti. La violenza usata verso il paesaggio italiano e verso tanti centri urbani, l'abbandono in cui versano numerose istituzioni culturali, l'impossibilità di ricorrere ad un coordinato sviluppo turistico del territorio, sono il frutto innanzitutto della pessima qualità e della scarsissima sensibilità delle classi politiche locali rivolte quasi unicamente a perseguire distorte e clientelari logiche di consenso elettorale.
Nei decenni della prima Repubblica il territorio nazionale è stato oggetto di scambio con cui sindaci, presidenti di Regione e assessori si sono assicurati la propria carriera politica, elargendo denari a pioggia a chi non ne aveva bisogno e mortificando il recupero e il mantenimento delle opere e dei tesori architettonici del Paese. Solo un intervento deciso dello Stato potrebbe avviare, ma ciò appare improbabile nell’attuale momento storico europeo, un'inversione di tendenza che, per superare gli inevitabili ostacoli e le opposizioni dei controinteressati, dovrebbe poggiare sul sostegno di massa dell'opinione pubblica se non si vuole continuare ad assistere impotenti alla rovina definitiva del Paese e al fallimento di un suo possibile e diverso sviluppo per paura di disturbare il sottogoverno delle amministrazioni locali.
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