desolazione, resta davvero un'unica consolazione: che agli archeologi di Saddam non sia mai venuta l'idea catastrofica di ricostruire anche la Torre di Babele!” Di questo, dobbiamo forse ringraziare il dio Marduk, che sicuramente voleva essere lasciato in pace per sempre.
     Quel che oggi si vede ancora del suo tempio sono i resti delle fondamenta: un'enorme fossa quadrangolare, di metri 90x90, e nulla più, ma il tempio Etemenanki, voluto da Nabucodonosor, in realtà, com'era? La domanda cruciale è questa, perché da questo interrogativo, nei secoli, la fantasia degli uomini si è scatenata nel modo più vario e più bizzarro, basti pensare alle forme fantastiche assunte dalla Torre di Babele nelle due versioni dipinte da Pieter Bruegel nel 1563 e oggi conservate nei musei di Vienna e di Rotterdam. Tuttavia, proprio dall'osservazione di questi dipinti risulta evidente un dato di valore storico: in entrambi, la mitica torre è raffigurata come una sorta di gigantesca torta circolare a otto strati, che si vanno riducendo gradualmente di raggio fino alla sommità. Ciò corrisponde in effetti alla descrizione sicuramente attendibile della torre che ci è pervenuta grazie a Erodoto, testimone oculare del monumento nel V secolo a.C.. Lo storico greco concentrò le sue impressioni in poche righe delle “Storie”: “In mezzo al tempio si erge una torre massiccia, che misura uno stadio sia di lunghezza che di larghezza, e su questa torre è posta un'altra torre, e su questa un'altra, fino a otto torri.” Bruegel, dunque, seguì le indicazioni di Erodoto solo in parte, raffigurando la torre a otto piani, ma non a base quadrata, come chiaramente Erodoto indica, e come gli scavi archeologici hanno confermato.
     In quanto alla Bibbia, ecco che ci attende una sorpresa. I celebri nove versetti del capitolo 11 della Genesi, che narrano la storia della torre la cui cima doveva penetrare nel cielo, la superbia dei suoi costruttori e la confusione delle loro lingue generata per punizione da Dio, contengono anche un'annotazione di estremo interesse dal punto di vista tecnico-costruttivo: “E si dissero l'un l'altro: orsù, facciamoci dei mattoni, e poi cuociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro invece della pietra e il bitume invece della malta. Questa è un'indicazione molto precisa e certamente assai veritiera: gli archeologi moderni non hanno dubbi sul fatto che le antiche “ziqqurat” babilonesi, cioè i templi mesopotamici a gradoni a pianta quadrangolare, molto simili alle piramidi del Messico, fossero edificate in mattoni. E addirittura sanno, da una testimonianza del re Nabucodonosor II, che per realizzare uno solo dei gradoni della torre erano stati messi in opera oltre 14 milioni di mattoni.

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