Tantra esattamente? Dicono che la vera potenza attiva che governa il cosmo è la shakti, cioè il principio femminile insito nel dio creatore e distruttore dell’universo, Shiva. Nell’immaginazione mitologica induista questa potenza di Shiva, questa divina shakti, si distacca dal dio stesso per assumere le forme della dea Kali. Kali è dunque la shakti di Shiva personalizzata ed è lei, come divina femmina primordiale, che rianima incessantemente il corpo e la volontà di Shiva, manifestando tutta la propria virtù nel mistero dell’attrazione sessuale, che risveglia la potenza generativa del dio. Il cardine rituale di questa tradizione viene perciò ad essere il maithuna, ossia il coito, che assurge così a una funzione cosmica e metafisica: è quello che lo stesso Alain Daniélou poi definì, in un suo famoso libro, “l’erotismo divinizzato”.
     All’epoca in cui i due amici divulgarono con passione la loro scoperta, simili idee ed entusiasmi non potevano non suscitare scandalo. Le culture dominanti in tutto il mondo erano ancora pervase di puritanesimo e di sessuofobia (pensiamo solo alla persecuzione degli omosessuali sotto i regimi fascisti). Oggi, ancora il mondo, nonostante la libertà dei costumi in Occidente e l’invasione planetaria della web-pornografia, stenta ad abbracciare una visione realmente serena del sesso. Ecco allora perché da Khajuraho può giungerci un messaggio importante: nell’unione sessuale si esprime il connubio delle potenze divine che generano e sostengono il cosmo e la vita. La nostra volgare pornografia odierna è solo degradazione, oscena parodia di quella tensione verso il sacro e l’assoluto che mille anni fa trovò fantastica espressione nell’arte erotica di Khajuraho.

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