variazioni che, senz'ombra di dubbio, dovevano racchiudere un ben preciso significato. Finii di arrampicarmi sul tetto del sese e, proprio mentre il sole tramontava, ne costatai senza problemi l'orientamento: il diametro maggiore dell'ellisse era chiaramente allineato sull'asse Est-Ovest, mentre quello minore era di conseguenza allineato da Sud a Nord. Ricordai, in quel momento, che la presenza dei dodici cunicoli aveva già ispirato l'ipotesi piuttosto vaga di una “cultura astrologica” dei sesi; vi alludeva, per esempio, Pino Correnti nel libro “Pantelleria”, edito da Mursia nel 1982.
     Ora l'ipotesi assumeva i connotati di un'evidenza palmare: a che cosa poteva alludere quel perfetto variare di altezza delle dodici porticine se non alla fase ascendente e a quella discendente del sole nel percorso annuale dell'eclittica misurato sul ritmo di dodici cicli lunari? Così, di colpo, il diroccato sese, relitto di pietra abbandonato da millenni, si trasformava ai miei occhi ancora increduli in un meraviglioso orologio e calendario astronomico lunisolare. Tra le dodici porticine, si palesavano con chiarezza le due porte solstiziali e le due equinoziali. I 5.000/7.000 anni della datazione fornita dagli archeologi per il monumento non coincidevano forse con i 5.000 anni della fase più antica di Stonehenge? Forse, durante i riti celebrati nella cripta nascosta nel cuore del sese, i misteriosi abitanti neolitici di Cossyra potevano davvero sognare di aver raggiunto il centro dell'universo, il punto del cosmo in cui si annulla la differenza tra il tempo e l'eternità.

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