IN RICORDO DI PIETRO RONZONI
nell’anniversario del centocinquantesimo della morte
di Emanuele Motta
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Prima Giovanni Carnovali, detto il Piccio, con il bicentenario della nascita, ed ora Pietro Ronzoni, nel centocinquantesimo anniversario della morte: è un’eccezionale e triste accoppiata di inaccettabili dimenticanze.
Purtroppo, appare sempre più evidente, ed è un’impressione ormai condivisa da gran parte del mondo del collezionismo, che, pur cambiando le amministrazioni e alternandosi i partiti, la politica, unitamente a gran parte dell’attuale mondo culturale, si è ormai ridotta a servile gran cassa di opportunismi di bassa lega, sempre meno attenta ai codici di una identità storica legati alla cultura e alle tradizioni sia lombarde sia nazionali. È un
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passato, quello dell’Italico Ottocento, orgogliosamente fulgido, ma pesantemente ignorato da gran parte di quel mondo istituzionale di dichiarato materialismo agnostico, frutto di palesi orientamenti |
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della nostra recente storia culturale post-sessantottina, proverbialmente sorda e cieca a qualsiasi valore spirituale dell’uomo, compreso quella doverosa attenzione e conseguente ammirazione per tutte le arti e gli artisti del passato.
Il messaggio resta comunque principalmente rivolto ai ben pensanti, quelli intelligentemente disposti a una giusta valutazione di un’epopea umana e sociale, quella giustappunto chiamata romantica e legata alla prima metà dell’Ottocento, che ci permette, attraverso le arti, di recuperare grandi valori della tradizione nazionale, lombarda e bergamasca nello specifico. È proprio guardando la nostra amata Bergamo di inizio Ottocento e la sua pittura così ben trasposta dal nostro grande artista che ci si può riferire a quella nascente cultura illuminata e democratica che andrà coniugando via via il vero con l’idealità, il lavoro con la fede, ponendo di conseguenza il concetto di “Civiltà” |
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