incunea all’interno di segreti di paese rimasti custoditi fino ad oggi ed aggiunge un altro tassello di inquietudine, che si coniuga ad una presunta love story e genera smarrimento generale. Inevitabile che le indagini ed il clamore mediatico facciano diventare tutto pettegolezzo e allo stesso tempo indizio; ci si trova di fronte ad uno scenario ove ognuno si sente autorizzato a dire la propria, ad esprimere giudizi e a gettare ombre sul vicino, sul compaesano, sul rivale, sui vizi e sulle condotte che nei decenni possono aver diviso e allontanato oppure creato invidia o astio.
     Dopo i vani tentativi che questa indagine ha accumulato legittimando opinionisti che si sono sbizzarriti a congetturare le più svariate ipotesi o a rovesciare discredito sull’operato della Magistratura e degli organi inquirenti, si è giunti a quella che pare possa diventare la soluzione del mistero. L'ansia della svolta alle indagini obbliga gli investigatori a mettere in discussione la moralità di una comunità, a soppesare il pettegolezzo di paese come fosse la segnalazione giusta che può risolvere uno dei delitti più angoscianti della nostra storia recente.
     Ma dietro questa vicenda rimane la terribile realtà di un omicidio rimasto fino ad ora senza colpevole. Yara non è più la ragazzina indifesa sfortunatamente incappata nella trappola maligna di uno spietato killer, ma è diventata l’icona dell’inquietudine collettiva che ha squarciato le certezze dell'opinione pubblica.
     L’attenzione morbosa della stampa e della televisione hanno fatto il resto, infilando un altro macabro evento nella serie dei misfatti nazionali rivolti a solleticare quella sottile e malcelata vena di autocompiacimento tipico di coloro che, a mistero svelato, potranno affermare “l’avevo detto io”.