Scomparso Di Pietro ed il suo IDV restano i frammenti di Ingroia e del movimento di Giannino, i quali disperderanno ulteriormente la forza elettorale senza minimamente incidere nei destini del Paese, ma che forniranno il pretesto di un’auto-assoluzione per quella parte dell’elettorato che vorrebbe cambiare ma non ha il coraggio di farlo veramente.
     Ruoli più incisivi, ma decisamente auto-referenziali, sono ricoperti dal SEL, di Vendola, attuale presidente della Regione Puglia, e dal Movimento 5 Stelle, dell’ex comico Beppe Grillo, destinati il primo a ricercare un’alleanza con il PD se Monti ne starà fuori ed il secondo a restare in trincea contro tutto e tutti. Solo Grillo, piaccia o meno, è la vera alternativa di protesta, che può esternare la disaffezione del medio elettore anche se chiaramente il suo è un movimento non strutturato per governare, ma ideato unicamente per predicare l’antipolitica facendo leva su una forte contrapposizione ideologica.
     La Lega Nord, infine, pur essendo una costola del fortino pidiellino, continuerà la propria battaglia territoriale e localistica rivolta com’è a conquistare la direzione della Regione Lombardia, per poi cercare di allearsi con il Piemonte ed il Veneto in una prospettiva di macroregione ovvero di un progetto che servirà, negli intendimenti di Maroni, a costringere il nuovo Governo a mutare politica di fronte ad un potenziale interlocutore che già promette scintille sul piano economico e fiscale.
     Proprio in questa diversificazione si annidano i rischi di una tornata elettorale verosimilmente inconcludente, nella quale si possono già intravedere pericolose crepe della prossima legislatura. Certo è che tra calcoli e tattiche scacchistiche rimangono sullo sfondo i problemi reali del Paese, mentre continuano a prevalere le alchimie e le congetture politiche mescolate alle convenienze personalistiche dei vari peones romani.

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