IL MALE DI ANNA
Storia di un cancro scoperto per caso

                                              di Graziano Paolo Vavassori

- Terza parte                                                  ( Parte - - )
     Anna è il nome che ho scelto per esporre l’esperienza di una mia cara amica affetta da un cancro corticosurrenale. Questo tipo di tumore è uno di quelli maligni, dal quale si guarisce sì e no. Sì, ma solo tramite asportazione chirurgica, sempre che sia possibile effettuarla, no nel caso in cui ci si debba affidare alle cure mediche, dalla chemioterapia a farmaci vari. In questo ultimo caso, tutto dipende dalla risposta del paziente alle terapie. Le percentuali di inefficacia alle cure non sono irrilevanti. In pratica, tutto si riduce ad una questione di tempo, con le cure vivi solo più a lungo.
     Le neoplasie non ci guardano in faccia; non fanno distinzioni di sesso, di razza o di religione, colpiscono e basta. Anzi, nemmeno si preoccupano tanto di scegliere coloro che optano per una vita sconsiderata, fumando, drogandosi, mangiando quanto di peggio il mercato offre ed ignorando completamente qualsiasi attività fisica. Citando il proverbio, tanto più, “l’erba cattiva non muore mai”, l’impressione è che le neoplasie colpiscano maggiormente la brava gente, quella che oggettivamente viene etichettata con la dicitura: “non se lo merita”.
     Premesso che nessuno dovrebbe meritarsi una male del genere, queste considerazioni non hanno alcun fondamento scientifico, tuttavia sono convinto che si tratta di una impressione particolarmente condivisa e molto radicata nella gente comune.
     Nel momento in cui scrivo, Anna è ancora viva, ma è molto stanca, soprattutto mentalmente, ed ora si sta preparando, a due anni e mezzo dalla scoperta del suo male, al momento cruciale per la sua guarigione: l’operazione al male primario. Noi, tuttavia, ci dobbiamo concentrare su ciò che è accaduto a partire dalla fine della seconda parte del suo racconto, ovvero il seguito del primo ciclo di chemioterapia.
     La più bella frase che ho sentito pronunciare da Anna dopo che sono andato a trovarla al termine del primo ciclo, pronunciata con un bel sorriso sulle labbra, è stata “direi che se sono tutti così è una passeggiata…”. Diciamo che non è stata indolore quella settimana di somministrazione, tuttavia ci aspettavamo più effetti collaterali; sì, Anna ha retto bene, mentre ha sofferto terribilmente la “reclusione” in ospedale. Dopo il terribile venerdì, l’hanno dimessa di lunedì, ben due giorni dopo, ormai sclerava.

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