A mio parere, il rispetto per la donna è anche un parametro che misura la civiltà di un popolo e, purtroppo, in troppi Paesi ha raggiunto un livello ancor oggi molto basso.
     Anche le religioni attribuiscono alle donne ruoli paralleli, ma non di guida spirituale (ad eccezione di qualche forma di protestantesimo), dando luogo a supposizioni di ogni genere, compresa la figura di un’eventuale amante del Cristo (vedasi “Il Codice da Vinci”…); di sicuro il Cristianesimo attribuisce un grande ruolo alla figura della Madonna, che viene vista come Colei che schiaccia il serpente di Eva e riscatta il peccato dell’umanità, accettando di diventare madre, moglie e figlia di Dio, accettazione che non Le migliora certo la vita, ma che la porta ai piedi della croce, dove, guarda caso, le pie donne si affiancano al prediletto Giovanni, mentre gli apostoli si disperdono e rinnegano.
     Credo che la lettura di Benigni del canto XXXIII del Paradiso dantesco sia veramente un’interpretazione della figura mariana degna di una rivisitazione anche alla luce di come un poeta sa celebrare la figura femminile. Sempre nella “Comedia”, Dante all’inizio di ogni cantica ci presenta figure femminili che hanno toccato i critici per la loro dolcezza (Francesca, che la critica moderna ha un po’ offuscata rispetto a quella desanctissiana, Pia dei Tolomei, Piccarda).
     Nelle pagine letterarie la figura femminile è addirittura trasfigurata sia quando si tratta di poeti pagani (basti pensare alla dolcissima Lesbia di Catullo che trasfigura Clodia, una delle più libertine di Roma decadente), sia in quelli cristiani… “tenea d'Angel sembianza, Che fusse del tuo regno; Non mi fu fallo, se in lei posi amanza.” (Guinizelli - Manifesto del dolce stil novo) – “Ella si va sentendosi laudare,/ benignamente d'umiltà vestuta;/ e par che sia una cosa venuta/ da cielo in terra a miracol mostrare (Dante nella Vita Nova) “Quante volte diss’io/ allor pien di spavento:/ Costei per fermo nacque in paradiso./ Così carco d’oblio/ il divin portamento/ e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso/ m’aveano, et sì diviso/ da l’imagine vera,/ ch’i’ dicea sospirando:/ Qui come venn’io, o quando?; (Petrarca in “Chiare, fresche e dolci acque”).
     Si può dire di meglio?
     Speriamo che la civiltà del terzo millennio possa celebrare il raggiungimento delle pari opportunità, per ora solo un ministero, a fianco del raggiungimenti di un mondo in cui il rispetto per la persona umana di entrambi i sessi possa raggiungere livelli almeno accettabili.
                                                                       gaudens@live.it

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